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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

02/11/2016.  BARLETTA - LE FOTO SCONOSCIUTE DEL MONUMENTO AI CADUTI: "AUTENTICA RIVELAZIONE DI UN MISTERO DURATO 75 ANNI. MA IL GIALLO CONTINUA. ORA DOBBIAMO RITROVARE I BRONZI" DICE MICHELE GRIMALDI DELL'ARCHIVIO DI STATO. OLTRE LO SCOOP GIORNALISTICO, LA VERA STORIA.

"Permettetemi, oggi, di fare una pubblica confessione: dopo circa 5 anni di ricerche difficili, intricate ed ovviamente anche infruttuose (sino a ieri!) e con il preziosissimo, se non fondamentale, aiuto ricevuto dal Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia nella persona di Nino Vinella, sono riuscito a togliermi un grosso peso dall’animo e cioè sono stati ridati i volti e soprattutto dignità storica, a quelle figure così espressive che, da 75 anni erano scomparse dal Monumento ai Caduti di tutte le guerre.

Ebbene si, era diventato un mio cruccio, quasi personale oltre che storico, passare davanti a quella stele, così nuda, che “gridava” giustizia. E le voci che parevano scaturire dalla pietra spoglia, erano di tutti quei cittadini barlettani che, novanta anni fa, avevano fortemente voluto realizzare quella testimonianza a perenne rimembranza dei loro parenti così straziatamente morti nella Grande Guerra per donare a noi un futuro da Paese libero.

Sinceramente, lo ammetto, non è stato facile ma l’aver ritrovato le immagini dei “bronzi” appena plasmati, è stata come una liberazione.

Ora che il sasso nello stagno è stato gettato, i cerchi nell’acqua, da uno, cominciano a moltiplicarsi ed estendersi a vista d’occhio e come facilmente prevedibile, gli sviluppi di una situazione in stallo da “appena” settant’anni, saranno tanti e spero clamorosi.

Ora, alla luce di questa personalissima valutazione, mi pongo e vi pongo una, all’apparenza, semplice domanda: un monumento può dirci qualcosa sulle “memorie collettive” delle generazioni passate?

Al fine di discutere questo argomento, vorrei fare una breve digressione sul tema della memoria collettiva cercando di sostenere, con l’aiuto di materiale raccolto durante le mie ricerche sul “nostro” Monumento ai Caduti, che “leggere” e “comprendere” un monumento può essere straordinariamente utile per capire le società del passato.

La cosa importante, tuttavia, da sottolineare è quella di non far dipendere l’analisi solo dal monumento per come è inserito in un contesto urbanistico, bensì prendere in considerazione l’intera “carta d’identità” del monumento, la sua nascita, il suo sviluppo e a volte, la sua decadenza.

Ma come si fa a determinare la decadenza di un monumento?

Secondo me si può certificarla non solo quando viene ignorato il passare del tempo senza porre alcun rimedio ai suoi effetti ma, soprattutto, nel momento in cui quel monumento “scompare” senza che alcuno ne abbia poi ricordo. Assurdo? …Forse, ma terribilmente reale!

Non intendo assolutamente esprimere pareri o volontà sul futuro di quello che il Sindaco Cascella ha etichettato come il “Monumento profanato” al contrario, desidero “raccontarvi” tutto ciò che è successo soltanto dieci anni dopo l’inaugurazione e i pesantissimi interrogativi che sono seguiti alla denudazione del Monumento.

La genesi del tutto, scaturisce dall’attività di “ Denuncia e raccolta delle cancellate di ferro o di altro metallo”, sancita dalla legge 408 dell’8 maggio 1940 seguita da altre norme di consegna di materiali passibili di fusione, quali i monumenti in bronzo, e vedrà impegnate attivamente le Soprintendenze nella dichiarazione del valore artistico di questi manufatti e nel tentativo di conciliare l’obbligo normativo con la conservazione del patrimonio storico artistico, sacrificato alle esigenze del conflitto bellico.

La legge 408 prevedeva la totale rimozione dei materiali metallici entro la fine del 1940, per essere ceduti all’Ente Distribuzione Rottami (ENDIROT), che a sua volta le avrebbe messe a disposizione del Commissariato Generale per le Fabbricazioni di guerra (CogeFag).

Il carteggio del 1940 tra i privati cittadini, la Prefettura di Bari che doveva inoltrare le richieste di esenzione alla Soprintendenza e la Regia Soprintendenza ai Monumenti di Bari testimonia le criticità e le problematiche legate a questo tema: le resistenze dei proprietari, anche e soprattutto per la spesa di rimozione delle cancellate; le considerazioni dei Podestà sull’opportunità di mantenere intatte le recinzioni dei cimiteri e soprattutto dei Monumenti ai Caduti, se non per il valore artistico, per quello storico e patriottico; le difficoltà dell’ufficio barese, costretto dalla ristrettezza di tempo e dalla conseguente impossibilità di effettuare tutti i sopralluoghi necessari, a valutare i beni basandosi su descrizioni o fotografie, queste ultime spesso di cattiva qualità, fornite spesso con reticenza dai proprietari,in quanto onerose.

Si intuisce inoltre, nella corrispondenza tra i detentori dei beni e la Soprintendenza, un ulteriore gravame sull’istituto ministeriale: la, a volte imbarazzante, insistenza dei proprietari per ottenere un parere di esenzione.

Una situazione che si ripresenterà nel 1941, per la consegna dei Monumenti in bronzo: l’ufficio di Bari cozzerà più volte contro la volontà delle Amministrazioni locali di mantenere statue ricche di valore sentimentale, a volte più che artistico.

Durante il secondo conflitto mondiale, la Regia Soprintendenza ai Monumenti di Bari fu “chiamata a giudicare il carattere di artisticità” di monumenti in bronzo che il Sottosegretariato per le Fabbricazioni di Guerra richiedeva di consegnare per ricavarne materiale da rifondere.

L’attività di censimento fu iniziata dal Soprintendente che scrisse ai comuni “vogliate farmi pervenire, con la massima sollecitudine, ed in ogni caso non oltre il 10 marzo p.v. un elenco di tutti i monumenti pubblici in bronzo esistenti, comprese le targhe bronzee applicate a pareti di fabbricati. Di detti monumentini farete tenere il nome dell’autore e l’anno di fattura. Mi farete tenere anche una chiara fotografia di ognuno di essi”.

Con questa circolare, diramata il 26 febbraio 1941 ai Podestà dei comuni del territorio di competenza, la Regia Soprintendenza ordinava l’invio degli elenchi dei manufatti non ferrosi di proprietà comunale che, in osservanza alle circolari ministeriali sarebbero stati inoltrati con parere del Ministero dell’Educazione Nazionale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

In base alle circolari emanate dal Ministero dell’Educazione Nazionale in data 18 ottobre e 22 novembre 1941, ogni decisione circa il valore artistico dei monumenti in bronzo destinati alla fusione, era riservata al Ministero stesso, chiamato ad esprimere un giudizio sulla scorta della documentazione raccolta.

L’attività di cernita operata dai Soprintendenti risultò al quanto difficoltosa e osteggiata dalle Amministrazioni locali, talvolta frenate da legami sentimentali alle opere in oggetto simbolo di eroismo, coraggio e di valori nazionalistici. Infatti non pochi furono i casi in cui i Podestà omisero di elencare alcuni monumenti (busti, targhe, insegne, monumenti ai caduti della prima guerra).

Nel luglio 1941, gli elenchi delle opere erano già pronti e in alcuni casi, già spediti al Ministero, il Soprintendente si premurò di avere maggiori notizie circa l’anno di realizzazione, gli autori e i soggetti delle opere, chiedendo chiarimenti al Ministero dell'Educazione Nazionale quando questo si esprimeva autonomamente, fuori dagli ambiti delle competenze storico artistiche, su esplicito sollecito dei Prefetti (come Eraclio risparmiato alla triste fine dei forni di fusione) e comunicò le decisioni ministeriali ai Podestà, non lasciando cadere nel vuoto gli appelli e le richieste di rivalutazione delle opere.

Spiegato, in breve, quello che successe in quei primi anni ’40 del secolo scorso, posso farvi partecipi di alcuni passaggi che secondo me vanno a formare un vero e proprio mistero che, ancor oggi, avvolge i Bronzi del Monumento ai Caduti ?

Bene, come avete potuto ben comprendere, lo scambio di corrispondenza tra Ministero, Prefetti, Soprintendenze e Podestà fu non fitto ma molto di più e quindi mi aspettavo che, anche per il caso “Barletta”, venisse rispettato questo trend procedurale… invece niente di niente.

Il vuoto più completo sia nei documenti dell’archivio storico del Comune di Barletta conservati presso la Sezione di Archivio di Stato di Barletta e sia in quelli dell’archivio del Gabinetto del Prefetto di Bari, fondo che si trova all’Archivio di Stato di Bari. Neanche la seppur minima traccia! Avrei chiesto tanto se avessi sperato di trovare l’arma del delitto e cioè i documenti che spiegassero inequivocabilmente quale fine avessero fatto le “vittime” ma, essere informato da chi materialmente e quando fu effettuato il prelievo, quello si che doveva e ripeto doveva trovarsi.

Invece, come in uno dei più riusciti trucchi di David Copperfield il quale riuscì a far scomparire un grattacielo, il Monumento voluto dai Barlettani, da un giorno all’altro, scomparve dalla vista di tutti e volete sapere il paradosso? Nessuno dei contemporanei l’avvenimento, che ho sentito, mi ha saputo fornire la seppur minima indicazione sulla la data del prelievo e questo perché, a quanto pare, nessuno (incredibile) assistette al colpo di mano.

Ma come è possibile?

Inimmaginabile se si pensa che non era un semplice busto (come successo per quello di Carducci), bensì un gruppo scultoreo di dimensioni notevolissime e tutte in bronzo. Abracadabra e il monumento…non c’è più!

E' difficile che usi termini a caso e mi son guardato bene dal farlo anche quando l’asportazione del gruppo bronzeo l’ho definita “colpo di mano”.

La ragione è semplice e scaturisce da un atto ufficiale che fa capire tante cose.

In data 24 settembre 1941 il Podestà di Barletta De Martino-Norante inviava una lettera ai sigg. Velasquez e Fazio dell’Ufficio Tecnico di Barletta, con la quale spiegava che “ … La Regia Prefettura partecipa che la Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’autorizzare la rimozione dei monumenti in bronzo ha disposto che la rimozione stessa dovrà avvenire solo quando l’Endirot (Ente Distribuzione Rottami) ne fa richiesta”. Fin qui tutto chiaro e normale, in linea con le disposizioni ma, subito dopo, il paragrafo rivelatore “Pertanto si prega astenersi dal rimuovere innanzi tempo i monumenti dei quali è stata autorizzata la fusione, e (attenzione, attenzione!!) nel caso sia stato provveduto alla rimozione di detti monumenti, si prega informare: 1) della data di rimozione dei monumenti; 2) della ditta alla quale è stato consegnato il metallo”.

Ahi, ahi, ahi! Delle due l’una. O il Podestà, ligio alle disposizioni e lungimirante, anticipava eventuali e pericolose disfunzioni dettando i termini di attuazione della legge, oppure (e purtroppo secondo il mio modestissimo parere è proprio questo il caso) era già accaduto qualcosa che aveva poi generato quella lettera dell’imprevidente, in questo caso, De Martino, con le disposizioni.

Come si dice dalle nostre parti…ah si “ Send Chiar, prim fu arrubat po’ m’ttett i p’rton d’firr” (alla Basilica di Santa Chiara, dopo che fu saccheggiata, misero i portoni di ferro).

Ma il susseguirsi delle inadempienze non terminava mica con la lettera, anzi! Infatti i due punti relativi alle incombenze da seguire in caso di avvenuto prelevamento e cioè comunicare data e ditta che aveva effettuato il gioco di prestigio, o venivano disattesi oppure le risposte… che fine hanno fatto? I faldoni (cartelle) contenenti i documenti relativi al Monumento ai Caduti, infatti non contengono assolutamente atti relativi a quanto richiesto dal Podestà.

A proposito di carte fantasma, ci tenevo ad informarvi di un’altra stranezza venuta fuori dal corposo (ma monco) carteggio e cioè che non sono presenti gli elaborati (compresi bozzetti in gesso scala 1/10) dei partecipanti (pensiamo parecchi) al concorso per la costruzione del Monumento ai Caduti.

Tra le altre “assenze”, anche le foto scattate ai bozzetti del monumento, opera del vincitore del concorso lo scultore Raffaele Ferrara, dal fotografo Luigi Faggella e pagate ben £.228,50 (siamo nel 1927), quindi tante foto!

Non voglio dire una scempiaggine ma, quanto vi sto non raccontando ma riportando (fatti e non parole!), potrebbe assurgere al rango di sceneggiatura per un giallo perchè i vari capoversi del pezzo racchiudono particolari sconcertanti e colpi di scena.

E tanto per concludere in bellezza, il dopo asportazione…e qui va proprio bene il tanto abusato “dulcis in fundo”.

Rimanendo in tema di sceneggiature, quello che è successo quasi 75 anni fa, assomiglia tanto, ma tanto alla trama del film “I predatori dell’Arca Perduta” dove l’Arca viene sostituita dai Bronzi.

Da quel lontano 1941/42 in tanti (Sindaci, interi Consigli Comunali, ricercatori, storici, varia umanità e novelli Indiana Jones) si sono cimentati nella caccia al pezzo perduto su larga scala. L’unica certezza che parrebbe metter d’accordo tutti (forse) scaturita da questo immane bailamme, sarebbe che i bronzi non sono mai arrivati a Roma e tanto meno fusi per farne dei cannoni.

Conseguenza di questa acquisita (e personalissima) certezza è che personaggi illuminati e sprovveduti tuttologi, hanno partorito ogni sorta di indicazione sull’ultimo domicilio (no, non il Camposanto!) delle nostre figure bronzee. Ve ne risparmio tante ma mi piace farvene conoscere alcune, le più intriganti: vecchi e polverosi locali della Provincia di Bari (che sino al 1980 hanno ospitato anche la sede dell’Archivio di Stato di Bari) con anziani custodi che raccontano, come un sogno, di averle vedute; in una fonderia del capoluogo campano dove, dopo una breve sosta, pare siano state ricaricate e portate in un non meglio identificato opificio dalle nostre parti ed infine depositati catalogati e fotografati (udite, udite) presso un ente pubblico del quale però (sic!) non si conosce ufficialmente l’identità (stato, regione, provincia, comune, … chissà).

Detto tutto questo, in tanti si attenderebbero una conclusione con il classico coup de théâtre che svela la “vera verità” sull’intrigo e sarebbe anche aspirazione legittima, purtroppo però non siamo affatto alla fine della storia anzi, secondo me, quello che vi ho illustrato è solo il prologo a ciò che accadrà e che ha ricevuto una accelerata repentina e fortissima dalla presentazione delle foto integrali del monumento.

Tonio termina il prologo del melodramma "Pagliacci", dando inizio allo spettacolo, cantando “Andiam. Incominciamo!”.

MICHELE GRIMALDI
Responsabile Archivio di Stato - Barletta

LA RASSEGNA STAMPA SUL WEB...

Il 4 Novembre e la restituita dignità storica: intervista a Michele Grimaldi

http://www.barlettanews.it/4-novembre-la-restituita-dignita-storica-intervista-michele-grimaldi/





 

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