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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

10/11/2020.  BARLETTA - SULL'EX PALAZZO DELLE POSTE COME LUOGO DELLA STORIA: IL COMUNE E L'INEFFICIENZA DELLA MACCHINA AMMINISTRATIVA. L'INTERVENTO DI MICHELE GRIMALDI (DIRETTORE ARCHIVIO DI STATO BARI, BARLETTA E TRANI) BASATO SULLE FONTI E SUI DOCUMENTI.

Un esempio dell’inefficienza della macchina amministrativa comunale di Barletta? Ci sarebbe l’imbarazzo della scelta ma emblematico è quello riguardante il Palazzo delle Poste.

La china presa dalla situazione, infatti, sembra proprio quella di una scomparsa dell’intero fabbricato, come nel migliore show di David Copperfield, senza che nessuno, poi, si ricordi il quando e il come.

Ma già oggi i prodromi di un oblio colpevole, sembrano coprire l’ex palazzo Postelegrafonico dopo che, 18 anni fa (!!!), scoppiò il caso.

E si, proprio così. Nel 2002 deflagrò in maniera devastante la grana “Ufficio Poste e Telegrafi” sito in piazza Caduti in Guerra, con immancabile interrogazione parlamentare presentata l’8 marzo di quello stesso anno, dall’onorevole Vendola al Ministro dei Beni e le Attività Culturali, in quanto era stata ventilata l’ipotesi dell’abbattimento dello stabile in seguito alla vendita dello stesso da parte della società Europa Gestioni immobiliari s.p.a. – Gruppo Poste Italiane a privati che, ovviamente, avrebbero costruito su quel sito “…sale da bingo, oppure un centro commerciale o l’allestimento strutturale di un albergo”.

Se la situazione creatasi avesse comportato esclusivamente implicazioni di carattere conservativo di un bene comunque di moderato o nullo interesse architettonico (non coperto da vincolo), la querelle si sarebbe conclusa nell’arco temporale di una settimana ma, l’argomento dell’abbattimento di quel palazzo, non poteva risolversi con qualche riga su un giornale perché le mura di quest’edificio sono e resteranno per sempre la testimonianza viva di come una intera Città ha lottato ed ha sacrificato i propri figli per la difesa di un bene supremo quale è la Patria.

Parlo, evidentemente, della parete dove le truppe tedesche trucidarono dodici barlettani all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre e che da quella data è diventato monito perenne per le generazioni future ed ha portato, tra l’altro, l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano ad appuntare sul labaro della Città di Barletta la medaglia d’oro al valor militare.

E proprio queste fortissime motivazioni portarono, nel 2015, il Sindaco Cascella a proporre ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte di Appello di Bari “… inerente l’accertamento della proprietà dell’area di piazza Caduti in Guerra sul quale fu edificato l’ex Palazzo delle Poste e Telegrafi” pensando, con tale iniziativa, di riaffermare la tesi, non riconosciuta valida nei precedenti due gradi di giudizio, della piena proprietà del Comune di Barletta sia relativamente al Palazzo che ovviamente al suolo dove lo stesso sorge.

Come sempre accade, per discutere di un avvenimento è necessario che la “botta” sia veramente forte e l’abbattimento di un simbolo patriottico lo è ed infatti tutti, all’indomani del ventilato pericolo, iniziarono a farsi domande su quel palazzo che era lì da ottanta anni e la popolazione intera conosceva ma in pochi ne sapevano la storia. In poche parole gli addetti ai lavori si posero le domande presenti nel decalogo del “bravo giornalista” e cioè il chi, dove, come, quando e perché della costruzione di quel palazzo.

La soluzione del caso non poteva che scaturire da quell’istituto culturale che è la memoria storica di ogni comunità e cioè l’Archivio di Stato, infatti da un’accurata ed approfondita indagine attraverso i documenti dell’archivio storico del comune di Barletta è stato possibile ricostruire l’intera storia del Palazzo delle Poste di Barletta.

Sin dal lontano 28 febbraio 1909 l’allora periodico quindicinale “Il Fieramosca” nell’ambito di una campagna lanciata per salvaguardare gli interessi economici di Barletta (i tempi cambiano ma non le finalità!), riportava una delibera del Consiglio Comunale di Barletta che chiedeva l’ampliamento dell’ufficio postale della Città, riconosciuta l’insufficienza dello stesso e “…deplorando l’eccentricità della sua ubicazione” proponendo nel contempo al Governo di trasformare l’Ufficio postale di Barletta in direzione locale alla dipendenza di quella provinciale di Bari.

Infatti le peregrinazioni dell’ufficio postale erano state tante e in qualche modo tutte inadeguate. Inizialmente gli Uffici della Posta centrale avevano sede al pianoterra del Palazzo della Sottoprefettura, sede del Circondario di Barletta.

Nella seconda metà dell’800, dal sedile del Popolo, alle spalle di Eraclio, fu trasferito presso alcuni locali dell’Annunziata (nelle adiacenze del Palazzo Pretorio) o se volete dove ora sorge il Teatro Curci.

Quindi si trasferì al primo piano di palazzo S. Domenico, finché il gerente don Ruggero Cafagna, traslocò a palazzo De Comonte, su via Cialdini, sia l’abitazione che l’ufficio. Infine la posta si spostò a pianoterra, nei locali del signor Gaetano Passero, per i quali lo Stato pagava il canone annuo di lire 2.500.

Come è noto a tutti, le vie della burocrazia sono infinite e soprattutto senza limite di tempo tanto che dovettero passare molti anni per dare inizio all’iter che porterà alla costruzione del nuovo ufficio postale.

Il primo e più importante passo fu rappresentato dalla delibera d’urgenza n. 411 del 12 giugno 1920, approvata dalla Regia Prefettura di Bari in data 8 luglio 1920 n. 1703, con la quale il Comune, nella figura del Commissario Prefettizio avv. Mandarini, concedeva al Ministero delle Poste e Telegrafi “…a titolo gratuito ed in piena proprietà un’area di suolo in Piazza Federico di Svevia (attuale Piazza Caduti n.d.r.) e propriamente quella lungo il lato est della nominata piazza”. Quindi come si può ben comprendere leggendo il testo della delibera, viene indicata chiaramente la proprietà del suolo e, di conseguenza, del Palazzo che in quel posto venne in seguito edificato. C’è da segnalare un particolare molto importante per quel che riguarda la proprietà del suolo e del palazzo. La delibera che abbiamo citato e cioè la n. 411 andava a modificare la precedente n. 41 del 10 aprile 1920 nella quale non era riportata la frase, riferita al suolo, “…a titolo gratuito ed in piena proprietà” che il Ministero delle Poste e Telegrafi pretese fosse inserita nella delibera prevedendo, forse, il putiferio che si sarebbe scatenato ottant’anni dopo.

La prima pietra dell’erigendo Edificio Postelegrafonico fu posata il 20 settembre del 1921 alla presenza delle autorità civili, militari e religiose tra le quali l’on. Brezzi Sottosegretario di Stato alle Regie Poste e Telegrafi e l’on. Spada Sottosegretario di Stato all’Agricoltura. I discorsi per la cerimonia furono tenuti dall’avv. Giacinto Perrone Commissario Prefettizio del Comune di Barletta, dall’on. Brezzi e dal canonico prof. Domenico Dell’aquila che impartì anche la benedizione alla prima pietra.

Il progetto del nuovo edificio fu opera di un ingegnere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici Basilio Guglielmo Serapine mentre i lavori furono affidati alla ditta “Leone & Compagni” di Roma che consegnò lo stabile l’11 maggio 1925 pronto per il sopralluogo dei funzionari del Genio Civile e delle Poste e Telegrafi.

Per concludere desidero presentarvi una analogia che fa capire come i corsi e ricorsi storici non sono un puro e semplice modo di dire. Infatti il 29 gennaio 1926, cioè dopo solo sette mesi dalla consegna dello stabile, la Sotto Prefettura di Barletta rispondeva ad un ordine del giorno votato dal direttorio della Sezione del Fascio di Barletta con il quale si chiedeva “…di precisare se il fabbricato delle Poste fosse stato costruito a cura del Comune o dell’Amministrazione postale”. Insomma un quesito che dopo un secolo veniva riproposto tale e quale dall’allora Sindaco di Barletta dott. Salerno quasi a voler porre rimedio ad un errore compiuto allorquando, avendone la facoltà, non fece valere il diritto di prelazione del Comune di Barletta per acquistare, ad un milione e mezzo di euro, l’immobile.

Passano gli anni ma “nihil sub sole novi” !

Michele GRIMALDI
Direttore Archivio di Stato di Bari, Barletta e Trani






 

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