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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

20/07/2006.  TRANI - LA CATTEDRALE OLTRAGGIATA.

lnutili le misure di sicurezza, se la scuola non insegna il valore della bellezza

Hanno pisciato, a Trani, sul volto di Cristo. Non fingete di inorridire, anime belle. Mentre lo tsunami si abbatte in Asia e nel Vicino Oriente la brutalità della guerra mostra a noi, in procinto di partire per le vacanze, la profanazione della nostra umanità, è accaduto l'altra notte. Non sulla sacra Sindone di Torino, ma qui, in Puglia, a Trani, sul sudario di pietra a picco sul nostro mare dove è impresso, dentro il volto di Cristo, il nostro volto. Chi, come, perché ha potuto percuotere quelle forme, quelle pietre, e poi andar via, magari a farsi una pizza, pochi passi più in là? Certo, sacrosanti sono gli strilli delle autorità, religiose e civili, dinanzi a tanto oltraggio. E sacrosanti, per ora, gli impegni a ricorrere a strumenti ultimativi come videocamere, ronde notturne, vigilanza, sanzioni, minacce. E perché non anche assoldare tiratori scelti, che dai tetti vicini prendano a fucilate chi con lo spray, l'urina, i motorini, i martelli osi toccare questa nave di pietra che da un millennio salpa verso il nostro avvenire? Ma a che, a chi serve la minaccia e la pedagogia, se non la cultura (dove va a ficcarsi la cultura) del terrore? E fino a quando questa può operare, e a quale profondità? Lì per lì servirà a qualche imbecille. Ma poi? Quanti imbecilli sono fra noi, allevati da noi? Imbecille significa senza «baculum», senza bastone, cioè chi non ha sostegno e dunque crolla. Quale altro sostegno se non quello, non dico della cultura, ma della informazione? Non so chi e come pianifichi, individuo per individuo, gli interrogatori - polizieschi e tribunalizi - degli imbecilli. Ma ecco qualche domanda: «Che studi hai fatto? Dove? Con chi? Sai tu cos'è una cattedrale? Sai cos'è, nella tua storia d'imbecille, la cattedrale di Trani?». La scheda da manuale è presto fatta.

Basta una guida turistica da pochi euro per raccattare un pugno di notiziole su questo palinsesto di pietre e di storia. Iniziata nel 1097, la chiesa superiore insisteva su quella più antica dell'VIII secolo dedicata a S. Maria, a sua volta costruita sull'ipogeo di san Leucio del VII secolo, e fu dedicata a san Nicola Pellegrino, un giovane greco che, dopo aver percorso scalzo e fra stenti Grecia e Dalmazia, venne a morire a Trani che, santificato nel 1099, ne fece il suo patrono. E allora? A picco sul mare, accanto al castello, che è la cattedrale laica degli imperatori, la cattedrale di Trani, in attesa del riconoscimento da parte dell'Unesco quale «bene dell'umanità», è stata proclamata «monumento messaggero di una cultura di pace». Ma il suo fascino non è nel millennio che si aduna nel suo scrigno di pietra. È nel modo con cui esso fu percepito, voluto e realizzato. Da chi? Non si sa. È il fascino dell'architettura - anonima - del medioevo. Che di cattedrali, in Puglia, ne ha erette a decine. Nessuna come questa. Se da tutta Europa, gente che conosce il fascino delle nordiche cattedrali gotiche si ferma, rapita, a contemplare questo miracolo, qualcosa dev'esserci che a loro è noto e non a noi. Cosa? Forse cadiamo nel sentimentalismo, ma questa guglia dolomitica è ideata, e soprattutto costruita sul mare, in un orizzonte che ha per protagonisti le distanze, i silenzi, le cadenze del mare.

Questa architettura tranese non è, come schiccherano le misere guide, solo forma dello spazio mensurabile - e meno che mai iconografie bidimensionali, spaccati, sezioni, stereometrie, simulazioni di tridimensionalità evocata. È presenza. Sia quando muto è il mare e come acquattato nel profondo, sia quando parla con il vento che, nella voce dei gabbiani e dei cormorani, giunge fin qui. Che non è, a Trani, suono ma voce. «E come il vento / odo stormir tra queste piante, io quello / infinito silenzio a questa voce / vo comparando: e mi sovvien l'eterno». Il vicino e il lontano, il «questo» (le piante e la voce loro) e il «quello» (il silenzio), acquistano identità e si definiscono perché, complementari l'uno all'altro, si commisurano nella reciprocità dell'uno con l'altro. Né in questo confronto si esauriscono, ma si fecondano, perché nello scontornarsi dell'uno sull'altro sprigionano il «ricordo» dell'infinito («mi sovvien l'eterno»), che per gli esuli da Dio è quel che Dante immagina debba essere l'aspirazione della anime sospese: quella Essenza «che del disìo di sé veder n'accora». Qui, a Trani, la leopardiana siepe che stormisce (se ai frettolosi fosse sfuggito, ci si riferiva all'«Infinito» di Leopardi) può essere una lampada che oscilla, una tenda che batte, una voce di venditore lontano che echeggia, un clacson che suona, una portiera d'auto che si chiude: rintocchi cioè delle stagioni che trascorrono, sussulto fortuito della durata dell'uomo nella laguna in cui si accumulano gli accadimenti, il tempo. Nessun'altra cattedrale al mondo dice tutto questo più e meglio di quella, solitaria sul mare, di Trani.

Tutto questo dovrebbe essere arte. La storia dell'arte. La si studia a scuola? Ne ha avuto sentore l'imbecille che, forse pensando si trattasse di pubblicità di un circo equestre, ha sfigurato i leoni stilofori della sua cattedrale? Dice: ma in quale tipo di scuola? Secondo quali programmi ministeriali? Prima e fuori dei licei (quelli veri) l'arte, la storia dell'arte, e, in una terra plasmata dal e nel medioevo come la nostra, l'arte medievale? Secoli oscuri, quelli, e tenebrosi, sono un optional obsoleto, una stranezza, uno dei cosiddetti saperi non immediatamente spendibili sul mercato. Semmai, si divaga su arti visive, quelle sì, che fan così moderno, così chic. Ed eccolo, il mercato, presentare il conto. A migliaia i turisti si accalcano sugli spalti di questa cattedrale. Forse mette conto osservarli quando, approdati qui, a differenza di tutte le altre cattedrali, tacciono. Quel campanile è lo gnomone del loro destino: il sole che sorge, gira e tramonta segna la sua luce sulle quattro facce, e il grappolo di campane sono il suono della vita.

Ecco cos'è Trani. Glielo hanno spiegato (ma chi e dove e quando?) ai dieci, cento, mille analfabeti che pisciano e martellano su una cattedrale romanica? Il rimedio è forse nel filmarli, multarli, castrarli? Basterà una pallottola in fronte, una videocamera che li filmi, ad acquietare la nostra coscienza? No. A scuola è (sarebbe dovuto essere) il rimedio. Ma lì, forse, tra crediti che si lucrano con stage su chitarra elettrica e tamburello giamaicano, romanico è sinonimo di romantico.

RAFFAELE IORIO

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno 20/07/2006










 

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