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18/11/2006.  TRINITAPOLI - Archeologia, ritrovate anfore e ciotole contenenti ossa di cinghiali e cervi.

La Soprintendenza non esclude che si tratti di un sacrificio umano

TRINITAPOLI - Le aree archeologiche sembrano un vulcano in piena attività, un pozzo senza fondo da cui i tesori dell'antichità emergono in superficie. L'ultima scoperta è il cosiddetto «pozzetto dei grandi vasi» al cui interno erano stati deposti alcuni rari grossi vasi, posizionati in maniera verticale ed orizzontale, contenenti offerte sacrificali carbonizzate, contenenti legumi e cereali o forse carne animale o addirittura umane. Saranno gli esami di laboratorio a dare risposte precise. Di certo, vi è che il vaso che chiude il pozzetto (90 cm di diametro, 50 di profondità, rispetto al paleosuolo), verso l'alto, contenesse resti ossei di animali, cinghiali e cervi, a testimonianza dello spiccato senso di religiosità che caratterizzava il popolo degli ipogei. Non viene, perciò, esclusa da parte dell'ispettrice della soprintendenza ai beni archeologici della Puglia, Annamaria Tunzi, direttrice dello scavo, la possibilità che possa trattarsi anche di un sacrificio umano (un bambino).

Si tratta, comunque, di una offerta sacrificale alla dea madre, quella della fertilità (che, successivamente, nell'epoca romana prende il nome di Demetra), ovvero un momento cultuale, collegabile al ricorrente ciclo della morte e della rinascita, tipico del bronzo medio, per invocare situazioni di benessere se non di sopravvivenza (in tal caso il rito poteva divenire molto cruento). «La cosa straordinaria - sottolinea Tunzi - è che questi siti, raccolgono testimonianze di diverso tipo (funerarie, cultuali e di vita quotidiana) come dimostrano i numerosi ipogei fin qui venuti alla luce: dei Bronzi, dove sono stati ritrovati duecento inumazioni di guerrieri di rango con spade, armature, monili di metallo e ambra, vasi e strumenti di lavoro; degli avori (totem taurino, cinghiale e collana); del gigante; dei sacrifici; dell'Enel; di Sena; e nove pozzi, per l'approvvigionamento di acqua dolce per i villaggi, le cui pareti riportano le impronte degli antichi abitatori per la discesa e la risalita». Ma le scoperte non si fermano qui.

L'archeologa rivela ( e ci mostra) altri cinque Ipogei, risalenti a 3.500 anni fa, già individuati ma da scavare nei prossimi giorni. Sono già apprezzabili il dromos (l'ingresso) e lo stomion (il corridoio), la cui architettura ricorda quelle di tipo miceneo, ovvero a forma di vulva, realizzata in onore della dea della fertilità. Il ritrovamento è avvenuto durante i lavori per la valorizzazione e fruizione del parco archeologico degli ipogei, nell'ambito del più vasto programma del Comune di Trinitapoli mirante a creare un centro di eccellenza dell'ipogeismo preistorico, unico in Italia.

Altri dettagli saranno illustrati e approfonditi nel corso della «Settimana degli Ipogei», che parte lunedì 20 novembre. Ad ogni modo si tratta di una scoperta, quest'ultima, che arricchisce il parco archeologico della zona ofantina: in particolar modo della zona nei pressi di Trinitapoli, che l'archeologia ritiene un giacimento molto ricco e interessante.

Gaetano Samele

Fonte: La Gazzetta di Capitanata 18/11/2006





 

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