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14/02/2008.  MILANO - In mostra i classici della cultura che diventano testimonial pubblicitari.



L'esposizione alla Triennale si potrà visitare fino al 24 marzo. La Gioconda o il David pubblicizzano prodotti. "Ne guadagnano sia l'uno che l'altro"
Sacro e profano. Classico e commerciale. Super moderno e antichissimo. Mondi antitetici che si confrontano e, come per miracolo, trovano un punto d'incontro. Una loro grandezza comune e inaspettata. A volte succede. E' il caso in cui l'arte, nella sua forma più austera, s'incrocia con la frenesia della pubblicità.

E genera un prodotto che piace, fa innamorare il pubblico e sorridere i consumatori ma, soprattutto, vende. Quel fine ultimo e non trascurabile per cui, sino a prova contraria, la pubblicità è nata. Svariati esempi di questa strana coppia sono raccolti sotto il comune tetto della mostra "Classico Manifesto" (12 febbraio-24 marzo Triennale di Milano). Ecco dunque il David di Michelangelo in jeans, la Gioconda di Leonardo con il capello lisciato o frisée, un Antinoo di marmo baciato da una modella innamorata della statua antica, il quadro di Picasso rivisitato con le scatole della pasta Barilla.

Nel corso degli anni queste immagini sono apparse sui muri, sulle pagine patinate dei giornali e le persone le hanno fatte loro. Si sono affezionati ai testimonial d'eccezione che, solo per uno spot, sono usciti dagli ingessati stereotipi dei musei, dai classici dell'arte antica, dalle cornici di un dipinto rinascimentale e dalle sculture all'avanguardia. Dissacrazione oltre il lecito?

A quanto pare no. Nessuno si è mai lamentato e, più che in ogni ottimistica previsione, il rapporto si è rivelato vantaggioso in entrambi i sensi. "I classici traggono gran beneficio dall'uso improprio che ne fa la pubblicità - spiega la curatrice della mostra Monica Centenni - mentre la pubblicità citando il classico mette in movimento miti, simboli e migliora grazie al contatto con il patrimonio culturale condiviso". Insomma meglio la Gioconda dell'ultima velina. La statua greca piace più del calciatore.

L'esposizione della Triennale si rifà a vari esempi, tratti da pubblicità italiane storiche e contemporanee, tutti assolutamente veri. Come per incanto tra un profumo, un'automobile ultimo modello e un ravanello, spuntano temi, figure, miti e simboli appartenenti al repertorio letterario e iconografico del super classico. I libri di scuola si confondono con l'attualità. E nulla è casuale. "L'ars pubblicitaria è una particolare forma di espressione artistica - spiega la Centenni - c'è solo un apparente facilità delle immagini ma in realtà si attivano complessi meccanismi della memoria culturale. In tutti questi casi il lavoro del creativo pubblicitario rivitalizza il classico e, così facendo, rimette in circolo saperi, oggetti e stili della memoria collettiva".

Ma non è solo un nostalgico guardare indietro. Anzi. Nel progetto di "Classico Manifesto", l'uso della tradizione è prospettico. Studia il futuro. "Storici dell'arte, filologi classici, semiologi, studiosi della comunicazione e direttori creativi - conclude la Centenni - hanno trovato nella produzione pubblicitaria un luogo d'osservazione privilegiato, un punto di fuga per indagare sui nuovi mezzi di trasmissione culturale di massa". Per mettere a confronto le diverse realtà, nei saloni della Triennale, i calchi originali della Venere di Milo, del David, del Discobolo e del Laocoonte dell'Accademia di Brera sono stati messi a confronto con le loro controfigure patinate.

Del resto il fenomeno non è solo italiano: In Francia Givenchy ha scelto una modella che ricorda la nascita della Venere di Botticelli, in Svezia la campagna pubblicitaria per una griffe di abbigliamento giovanile ha simulato La morte del Dandy, la Source di Ingres è il modello per uno spot di Jean-Paul Goude e la Libertà che guida il Popolo di Francia è diventata l'icona di una compagnia telefonica. Infine, in Germania, il Discobolo di Mirone ha pubblicizzato delle ceramiche. E il tormentone crea casi anche su internet. Worth 1000, sito web specializzato in sfide basate sulla manipolazione delle immagini, lo scorso anno ha lanciato l'ennesima provocazione: bisognava stravolgere quadri, sculture o installazioni famose facendoli diventare dei manifesti pubblicitari. L'adesione è stata immensa e il sito è stato sommerso di mail.

IRENE MARIA SCALISE
13 febbraio 2008

Fonte: www.repubblica.it





 

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