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CANNE DELLA BATTAGLIA:
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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

16/12/2008.  CANNE DELLA BATTAGLIA - DOVE LA STORIA DIVENTA MITO: ECCO IL CALENDARIO 2009 PER I SETTANT'ANNI DELLA COLONNA COMMEMORATIVA .

Grazie al supporto dell'Azienda agricola LE MURGE dei Fratelli Maffione - Contrada Casalonga - Barletta, anche il 2009 sarà da trascorrere con un bel calendario (in versione da muro e da tavolo) su "CANNE DELLA BATTAGLIA... DOVE LA STORIA DIVENTA MITO", ufficialmente promosso dal Comitato.
La scelta della foto é caduta quest'anno sull'immagine scattata dal bravissimo ANGELO CHIARIELLO in una luminosa mattinata primaverile sulla Valle dell'Ofanto (oggi protetto dalla legge istitutiva del Parco regionale fluviale), cielo blu terso con qualche filo di nuvole all'orizzonte, immagine che pone in assoluta evidenza la colonna commemorativa eretta a sessanta metri sul livello del mare all'apice della collina sovrastante la piana dove si svolse la celebre Battaglia del 216 avanti Cristo fra il vittorio esercito di ANNIBALE e le legioni di Roma, sconfitte dalla manovra a tenaglia concepita e messa in atto dal condottiero cartaginese.
Nel 2009 ricorreranno i settant'anni dall'installazione del cippo celebrativo da parte dell'eminente archeologo Prof. Michele Gervasio che nel 1939, al termine della sua campagna di scavi che riportarono alla luce i Sepolcreti ritenuti annibalici e riconducibili alla famosa Battaglia, ritenne di elevare la colonna a simbolo imperituro di quell'episodio destinato a cambiare la Storia - come scrisse nella pubblicazione che riportiamo in calce -, con l'iscrizione sul basamento delle due celebri frasi degli storici Tito Livio (Nessun altro popolo avrebbe resistitito a tanta rovina) e Polibio (Uomini valorosi furono, e degni di Roma) nel ricordo. Completa il monumento l'incisione (rivolta verso la pianura e non visibile subito dai visitatori) ANNO XVII E.F. essendo stato eretto appunto durante il regime fascista che datava i suoi anni a partire dal 1922 (Marcia su Roma).
Dal 1939, questa colonna - data la sua posizione dominante e visibile anche a lunga distanza - ha visibilmente modificato lo "skyline", il profilo della storica Cittadella di Canne della Battaglia, divenendo essa stessa il simbolo più percepito e riconosciuto come immediato evocatore del sito archeologico di fama mondiale, accrescendone la notorietà nel richiamo intramontabile di Annibale, pur senza sottacere la presenza di insediamenti attestanti la più lontana civiltà umana fin dal VII-VI millennio avanti Cristo e fino alla distruzione operata dai Normanni di Roberto il Guiscardo (1083), in quei secoli bui dove rifulse la carismatica del Santo Vescovo Ruggiero divenuto poi Protettore e Patrono della Città di Barletta nel corso delle successive vicende storiche medievali.

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Da “Scavi di Canne” del Prof. Michele Gervasio

Iapigia, Anno IX, fasc. IV



L’unità politica e civile del Mare Mediterraneo fu il capolavoro dello spirito costruttivo di Roma: Canne sta nel centro del grandioso panorama, e i morti, che da oltre due millenni dormono in quei 23.000 metri quadrati, sono quanto di più sacro abbia mai avuto la patria italiana.

E quante altre memorie riassume questo lembo di terra pugliese! Quante vicende, dai remoti tempi della pietra a quelli dei monumenti megalitici e dell’età del bronzo, dalla età del ferro alle leggende dell’epopea omerica, dai fasti della libertà italica agli imperatori di Roma; e poi il vescovato cristiano, e poi Bisanzio, e poi i Goti, i Longobardi, i Saraceni, i Normanni, gli Angioini…

In attesa, l’Ente fascista per la tutela dei monumenti di Bari ha innalzato sulla collina di Canne una colonna di granito, alta tre metri, rinvenuta negli scavi; e sulla base, ai lati dell’ «anno XVII», ha inciso le parole di Livio: «nessun altro popolo avrebbe resistito a tanta rovina», e le altre non meno scultoree di Polibio: «Uomini valorosi furono, e degni di Roma». (1)



MICHELE GERVASIO



(1) LIV., XXII, 54.11: «Nulla profeto alia gens tanta mole cladis, non obruta esset».


LA GALLERIA FOTOGRAFICA






 

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