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14/01/2010.  BARLETTA - ANCHE IL SANTUARIO DELLO STERPETO NELLA MOSTRA A BARI SUGLI ARCHITETTI CHIAIA E NAPOLITANO.

Mostra a Bari dedicata
ai due architetti
che cambiarono la città

BARI - ''Bari ricorda due architetti che negli anni della speculazione edilizia non hanno guardato soltanto alla volumetria consentita. Ma hanno prestato attenzione soprattutto alla qualità dell’architettura, portando a Bari la modernità e soprattutto l’applicazione di nuove tecnologie”.

Così l’architetto Daniela Calderazzi ha presentato stasera, nell’Archivio di Stato di Bari, la mostra 'Costruire il moderno-L'architettura di Vittorio Chiaia e Massimo Napolitanò, di cui è la curatrice, e che venerdì prossimo sarà visitata in forma privata da Giorgio Napolitano, fratello di Massimo, scomparso sei anni fa.

“Una mostra – ha spiegato – che si articola per tipologie: dalle case unifamiliari fino ai piani regolatori, palazzi pubblici, complessi turistici e anche piccole curiosità come alcuni edifici non realizzati. Per ogni tipologia abbiamo alcuni esempi dell’architettura di quegli anni, dagli anni '50 fino ai primi anni '90”.

Tra questi, il palazzo dell’Enel a Bari (1957), la chiesa della Madonna dello Sterpeto a Barletta (1972), la sede della questura di Foggia (1980). Tra quelle mai realizzate, invece, il palazzo Guaccero sulla Muraglia di Bari (1971) o il tribunale di Lecce (1962).

Tra le innovazioni che i due architetti introdussero nel mondo dell’architettura, Calderazzi ha sottolineato quella della 'facciata continuà, ovvero non lasciare a vista la fascia del cosiddetto solaio che divide i vari piani. Una facciata – ha detto – che riveste l’edificio, pelle e ossa, attraverso il pannello prefabbricato che si aggancia ad una struttura di acciaio.

“Nella maturità dello studio Chiaia Napolitano – ha sottolineato – non ci sono infatti balconi sporgenti, ma c'è l'eleganza del pannello in porcellanato o di quello prefabbricato in cemento ma lavorato. Uno sguardo alla cura del progetto di massima fino al dettaglio, fino al disegno della maniglia”.

La mostra resterà all’Archivio di Stato fino al 25 gennaio, poi sarà trasferita al Politecnico di Bari.

Fonte: La Gazzetta del Mezzoigonro on the web giovedì 14 gennaio 2010





 

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