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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

25/11/2010.  L'ARTRITE DELLA CULTURA: INTERVENTO DI MARIO SCHIRALLI.

Riceviamo a volentieri pubblichiamo integralmente l'intervento di Mario Schiralli, già Direttore della Biblioteca Bovio di Trani, con un titolo ad effetto...

Concordo con Vittorio Lentini su quantoda lui scritto su LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO di domenica 14 novembre, a proposito di quella strana “artrite dietrologica”, malattia che avrebbe contagiato tutti ( io direi quasi tutti) gli attori della vita culturale, sociale e amministrativa di questa nostra Trani.

Il viaggio verso la “decomposizione sociale”, come dice Lentini, non è, però, attribuibile alla “mancanza di energie intellettuali capaci di proiettarsi verso il futuro”, perché Trani ne ha. Ritengo, invece, che la causa sia di ben altra natura, e cioè di quelle forze che hanno il potere di soffocarle limitandone le potenzialità con velate intimidazioni (per dirla con Sem Benelli nella sua celeberrima “Cena delle beffe”: “Chi non beve con me peste lo colga”).

Come Lentini nel sindacato, anch’io ho maturato un’esperienza quarantennale a contatto con i giovani di ogni ceto, studenti bravi e meno bravi, ma anche letterati che mi hanno gratificato di una loro citazione (Muscetta, Vallone), menti pensanti, principi del foro (De Marsico), storici (Villari), scrittori (ricordo in particolar modo Giuseppe Berto che “il male oscuro” si portò via prematuramente, e Umberto Eco) docenti universitari, per cui , avendo sempre cercato di far tesoro del loro dire, sento di poter esprimere un mio parere sulla questione sollevata dall’amico Lentini perché tocca un tema a me tanto caro: la cultura.

Se oggi quel centinaio (mi sembrano troppi) tra associazioni culturali, circoli e “forze intelligenti” (sull’intelligenza di taluni nutrirei qualche dubbio, parlerei invece di sfacciata adulazione verso il potere per qualche manciata di soldini) non riesce a fare altro se non a rispolverare il ruolo del passato, c’è, secondo me una ragione: la mancanza, o meglio la scomparsa di importanti punti di riferimento, gli stessi che hanno agevolato la nascita e la crescita fino a un certo punto dei sodalizi.

L’esortazione di Vittorio Lentini ad uscire dal “letargo della cultura” è vera se si riferisce a quel piccolo bagaglio di notizie storiche che quella o quell’altra associazione sfrutta per essere presente nel panorama cittadino.
L’accezione del termine “cultura” è ben altra: La cultura (parola che come è noto deriva da còlere, coltivare) è “il complesso di tutte quelle scoperte e conquiste che gli individui di un determinato gruppo sono venuti facendo nel corso dei secoli, coltivando, per stare all’etimologia, il campo dell’organizzazione economica, dei rapporti sociali e delle indagini spirituali; tali conquiste, vagliate dal gruppo e dal tempo, diventano patrimonio tradizionale. La cultura, pertanto, può essere definita come quel patrimonio sociale di un gruppo umano, trasmesso di generazione in generazione, che comprende conoscenze, credenze, fantasie, ideologie, simboli, norme, valori, nonché le disposizioni all’azione che da tutti questi derivano e che si concretizzano in schemi e tecniche d’attività tipici di ogni società”.

Tant’è che qualche sindaco …limitrofo (Franco Napoletano a Bisceglie), puntando, tra l’altro, proprio sulla cultura, è riuscito a ribaltare, in meglio, situazioni ataviche.

Senza tema di smentita mi sento di affermare che negli ultimi sedici anni la cultura è stata sotterrata da una dissennata politica: il 1994 segnò, difatti, l’inizio della fine a seguito dello scioglimento del consiglio comunale e la conseguente etichetta di città mafiosa.

La “Bovio”, il punto di riferimento che ho citato prima, era stata fino a quell’anno un “autentico cenacolo rinascimentale”, come la definì un illustre studioso desanctisiano, particolarmente colpito dal fervore delle attività e dal prezioso patrimonio bibliografico e manoscritto (parlano i documenti che taluni sembra non vogliano vengano ricordati), arricchito costantemente, proprio in virtù dell’importanza raggiunta, da donazioni di libri da parte degli istituti bancari,della presidenza del consiglio dei ministri e dei privati.

Le mostre d’arte, i convegni nazionali e internazionali degli anni ottanta-novanta (quella itinerante su De Sanctis che varcò i confini italiani, partì proprio da Trani), non rimasero momenti fini a se stessi, ma contribuirono, come auspicato da Lentini, “a proiettare nel futuro nuove energie intellettuali”: intere classi di professionisti (medici, avvocati, architetti) a distanza di anni ricordano ancora quali vantaggi abbiano tratto dalla “Bovio”.

Oltretutto anche Lentini stesso lo ama ricordare.

Senza parlare dei giovani artisti sollecitati, con “vernici” a loro dedicate, a dare il meglio di se (la pinacoteca lo dimostra). E che dire del ruolo altamente sociale, unica in Italia in quegli anni, svolto a favore di decine e decine di detenuti della sezione blu.

Vittorio Lentini dice bene. Non si vive di soli PUG. Urbanistica e edilizia riempiono le tasche, non la mente. Oggi è in uso la “damnatio memoriae”. Persone e associazioni che hanno tratto linfa proprio dalla biblioteca, oggi divenute,per opportunità spicciola, cortigiani del potere, rinnegano senza pudore chi li ha aiutati crescere.

MARIO SCHIRALLI
GIA’ DIRETTORE DELLA BIBLIOTECA “BOVIO"
TRANI





 

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