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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

04/12/2012.  SESSANT’ANNI FA IL CROLLO DI VIA MAGENTA: 17 MORTI E 12 FERITI. LA PRIMA TRAGEDIA DI MALAEDILIZIA A BARLETTA IN CRONACA NAZIONALE. IL RICORDO NEI DOCUMENTI E LA TESTIMONIANZA DI CHI C’ERA..

Sessant’anni fa il crollo di via Magenta, storicamente il primo a catapultare Barletta nella grande cronaca italiana, e ad associare da allora il nome della città alla “mala edilizia” su scala nazionale per bilancio delle vittime e gravità degli episodi. Il 16 settembre 1959 sarebbe toccato alla più grande tragedia di via Canosa: 58 morti e dodici feriti. Il 3 ottobre 2011 alle cinque giovani donne decedute in via Roma.

Fu nella serata di lunedì 8 dicembre 1952 che diciassette morti e 12 feriti, sei famiglie di povera gente con le loro vite travolte nel sonno dalle macerie, occuparono le corrispondenze giornalistiche di tutta Italia.

Pioveva come da giorni anche in quella sera di festa dell’Immacolata: fra via Galiberti e via D’Andrea, due strade strette a scendere da via Regina Margherita verso Ponente, nel popoloso quartiere contadino di San Samuele, si sbriciolarono due interi piccoli fabbricati addossati l’uno all’altro con affaccio su via Magenta. Alti due piani ciascuno, furono squarciati come fosse esplosa una bomba: tutta Italia li vide nelle riprese bianconero della Settimana Incom proiettate dal cinegiornale Luce “Una città in lacrime”.

Travature di legno e muri di tufo, materiale fradicio marcito dall’acqua di una pioggia battente senza fine: tutto travolto fra polvere, calcinacci e fanghiglia che soltanto alle prime luci del giorno mostrò il vero volto della tragedia per fare posto ai soccorsi.

Lapidario il comandante provinciale dei vigili del fuoco ing. Gabotto nella relazione al Viminale.

“Le cause del crollo si ritiene debbano attribuirsi a cattiva costruzione dello stabile in quanto le strutture murarie sono risultate completamente scollegate per mancanza di malta. Le coperture a volta in muratura a sesto molto ribassato devono aver operato una spinta tale per cui le precarie condizioni delle mura perimetrali, aggravate dalle filtrazioni di pioggia, hanno determinato il crollo pressoché totale e simultaneo dello stabile. Le dimensioni degli edifici non erano tali da far supporre che il numero delle vittime potesse essere tanto elevato, ma per la densità altissima degli abitanti, il carattere improvviso e l’ora del sinistro, la percentuale delle vittime è risultata superiore al cinquanta per cento degli inquilini che dalla situazione anagrafica risultavano essere 32. Il bilancio del sinistro è pertanto il seguente: se 32 presenti 3 illesi, 12 feriti e 17 morti (di cui uno deceduto all’ospedale)”.

Già: case povere, mal costruite e sovraffollate. Miseria e speculazione nella Barletta anni Cinquanta, senza il piano regolatore che sarebbe giunto solo nel 1967.

Don Michele Morelli, allora giovanissimo viceparroco della vicina chiesa di Sant’Agostino, ricorda.

“Ero cappellano all’ospedale, lì a pochi passi. Fui avvisato verso mezzanotte e mi precipitai sul luogo di un disastro reso ancor più apocalittico ai miei occhi dalla pioggia violentissima che sferzava a raffica, vento freddo e buio quasi assoluto. Nella pochissima luce della strada eravamo solo un gruppetto di persone a scavare a mani nude in quell’ammasso di tufi: io in tonaca e gli altri, tutti assieme, cercammo di togliere un sasso dopo l’altro, con cura, sperando di trovare qualche persona ancora viva. Mi è rimasta nella memoria l’immagine di un uomo sospeso a mezz’aria aggrappato sul suo letto rimasto con la spalliera attaccata alla parete mentre il pavimento era precipitato giù nel vuoto: passarono ore interminabili prima che i pompieri lo potessero salvare. E poi, i morti, tutti quei morti, estratti da cumuli di pietre, povere vittime innocenti alle quali ho potuto solo amministrare l’olio santo dell’estrema unzione…”

Primi ad arrivare furono i vigili del fuoco del Distaccamento di Barletta, raggiunti qualche ora dopo sul luogo del crollo dalla squadra di Bari intervenuta col carro attrezzato: il rinforzo del personale e dei mezzi accelerò l’opera di rimozione, successivamente potenziata con l’aiuto di una compagnia di reclute del 13° reggimento Fanteria Pinerolo di stanza alle casermette.

Nel corso della nottata, lavorando alla luce dei fari in condizioni particolarmente difficili a causa della continua pioggia, a volte scrosciante, caduta ininterrottamente durante tutta l’operazione di soccorso, fu possibile il salvataggio di una bambina, la piccola Angela Di Leo, rimasta per circa sei ore completamente sepolta. E che fu la destinataria del commovente slancio di generosità alimentato dai giornali di tutta Italia.

Il sindaco socialista Giovanni Paparella fu indicato da tutti come presidente del comitato di solidarietà cittadina che unì forze politiche, circoli, aziende per gli aiuti alle vittime. Scrisse nel manifesto di lutto cittadino: “In una paurosa, apocalittica scena di terrore, diciassette persone – forti lavoratori, giovani madri e tenere creature – sorprese nel sonno, passavano improvvisamente all’abbraccio della morte, mentre numerosi altri feriti, dei quali alcuni gravissimi, erano ricoverati presso il nostro Ospedale Civile. Barletta, percossa da così tremenda jattura, dolorosamente ferita nelle fibre profonde del suo cuore materno, ha appreso con doloroso stupore il grave luttuoso disastro che l’ha orbata di tanti figli diletti, a lei maggiormente vicini perché appartenenti a famiglie di umili lavoratori della terra faticosa, predominante categoria della compagine sociale cittadina, fulcro basilare della sua economia e delle sue fortune”.

I funerali furono celebrati mercoledì 10 dicembre: dopo il giro della città dall’ospedale, il corteo si concluse nella piazza antistante il Monte di Pietà per la benedizione delle salme impartita dall’arcivescovo mons. Reginaldo Addazi.

Venne data lettura del messaggio pervenuto dal Quirinale tramite la Prefettura di Bari in cui il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, si univa al dolore di Barletta per il tragico crollo.

Per dovere istituzionale e quale massima carica cittadina, il sindaco Paparella (a capo di una giunta social-comunista insieme, fra gli altri, al socialista Romanelli ed al giovanissimo Mimì Borraccino) aveva telegrafato a Roma la notizia del crollo ai tre parlamentari barlettani in carica: i deputati Vito Monterisi (Dc) e Francesco Capacchione (Psi), oltre al senatore democristiano ammiraglio Ferdinando Casardi.

In quel tempo di povertà diffusa e di grave malessere, dove la crisi degli alloggi era una potentissima “mina” sociale sempre pronta ad esplodere, il caso di Barletta ebbe risonanza nazionale nell’aspro dibattito politico a Montecitorio fra il VII governo De Gasperi (con Scelba ministro dell’interno) e le opposizioni, dove a firmare una raffica di interrogazioni furono i comunisti Peppino Di Vittorio, il barese Mario Assennato, l’ex partigiano toscano Remo Scappini e Antonio Di Donato più il socialista Capacchione.

Al malcontento degli strati sociali più poveri della cittadinanza barlettana, ed in altre città vicine come Andria, davano voce i partiti della sinistra. Non di casa si parlava ma addirittura di miserabili tuguri dove abitava la povera gente.

L’imperversare del maltempo (al nord l’alluvione del Polesine) aveva innescato uno stato di pericolo pubblico: fra le violente piogge e gli allagamenti, con l’Ofanto in piena a minacciare le campagne ed il poco lavoro dei braccianti, il potenziale allarme sul crollo di altre abitazioni scatenò un’ondata di panico, con l’allerta su verifiche e sopralluoghi a tappeto.

“Gli abitanti dei tuguri e delle grotte rivendicano il diritto ad una casa sana ed igienica. Contro il tugurio sosteniamo il progetto di legge presentato dall’opposizione al Parlamento” fu infatti il tema dell’affollatissimo comizio popolare indetto nel cinema Dilillo davanti a centinaia di braccianti solo qualche settimana dopo il crollo di via Magenta.

Nino Vinella

Abitavano insieme e tutti insieme riposano nella quiete del cimitero dove il destino li ha voluti raccogliere per sempre. Ricordiamo i nomi delle diciassette vittime oggi, sessant’anni dopo.

FAMIGLIA BARBARO: Donata Losciale, moglie, anni 44; Antonietta Barbaro, figlia, anni 7; Giuseppe Barbaro, figlio, anni 3; Concetta Cavaliere, madre, anni 87.

FAMIGLIA CURCI: Francesco Curci, anni 55; Anna Daloiso, moglie, anni 47; Nicoletta Curci, figlia, anni 8.

FAMIGLIA LACERENZA: Angela Cafagna, moglie, anni 25; Raffaella Lacerenza, figlia, mesi 6.

FAMIGLIA DI LEO: Carmine Di Leo, anni 37; Antonia Santo, moglie, anni 32; Francesca Di Leo, figlia, anni 8; Maria Di Leo, figlia, anni 7; Ruggiero Di Leo, figlio, anni 3; Sterpeta Di Leo, figlia, mesi 10.

Unica superstite Angela Di Leo, anni 5.

FAMIGLIA RIZZI: Savino Rizzi, anni 76.

FAMIGLIA FILANNINO: Maria Antonia Marzocca, moglie, anni 57


Leggi l'articolo pubblicata sulla Gazzetta del Nord Barese di venerdì 7 dicembre 2012....



 

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