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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

05/09/2013.  BARLETTA - ERA L'11 SETTEMBRE DEL 1913: CENTO ANNI FA LA DONAZIONE DE NITTIS, UN DONO ALLA CITTA'. ECCO LA "CRONISTORIA DI UNA COLLEZIONE: IL LEGATO DE NITTIS". IL CONTRIBUTO CRITICO DI CINZIA DICORATO, ESPERTA DI BELLE ARTI E RESTAURATRICE. .

L'11 Settembre del 1913, i cittadini di Barletta vengono colti da un notizia eccezionale riportata sulla "Tribuna" di Roma: Léontine Lucille Gruvelle, vedova De Nittis, aveva lasciato in eredità alla città di Barletta l'intera collezione delle opere presenti nell'atelier al momento della morte improvvisa dell'artista.

La notizia è una sorpresa per i barlettani, perchè la cosa non era stata preannunciata in alcun modo. Nè una lettera, nè un documento è presente negli archivi comunali ad attestare che le autorità a Barletta fossero al corrente della volontà della vedova.

Prontamente le autorità barlettane incaricano Giuseppe Gabbiani come curatore del trasferimento delle opere da Parigi a Barletta. È sempre Gabbiani ad occuparsi del prestito dei dipinti inviati alla retrospettiva che la XI Esposizione Internazionale di Pittura (attuale Biennale) della la città di Venezia dedica a De Nittis nel 1914.

Sin dal principio si presenta per questa collezione il problema di una sua opportuna e degna sistemazione. La città agli inizi del novecento non aveva una pinacoteca o un museo, c'era solo la biblioteca comunale diretta da un attento e appassionato bibliotecario, Benedetto Paolillo.

La collezione De Nittis viene, pertanto, depositata temporaneamente nella zona nord del teatro Curci, una temporaneità che dura fino al '39, quando finalmente viene allestito il Museo Pinacoteca nell'ex convento di San Domenico in via Cavour.

Questo spazio resta sede museale fino a quando il patrimonio storico artistico, che negli anni si era arricchito di altre collezioni, non viene interamente trasferito al Castello, nel 1991.

Purtroppo le sale del castello diventano un unico grande deposito per il nostro patrimonio museale e solo nel 1996 ad opera di Raffaele Montenegro, direttore del castello in quegli anni, la collezione viene ripresentata al pubblico con un allestimento curato da Christine Farese Sperken e Mariella Bonsante, in occasione del centenario della morte di De Nittis.

Ma anche questa collocazione è temporanea perchè la collezione è destinata ad un'altra sede, quella definitiva che è palazzo della Marra.

La temporaneità dura circa dieci anni, nel 2005 la collezione viene trasferita a palazzo della Marra per essere aperta al pubblico nel 2006.

Questa nuova sistemazione, però, penalizza la collezione perchè nonostante il palazzo della Marra sia la sede definitiva, questa viene relegata al secondo piano , mentre il primo piano è lasciato ad uso delle mostre temporanee.

La penalizza anche sul piano espositivo, relegando opere importanti in deposito sottraendole alla fruizione del pubblico., come ad esempio " Campo di biche".

Pensando alle alterne vicende della collezione, spesso mi sono chiesta che cosa avesse spinto la signora De Nittis a donare alla città di Barletta le opere di suo marito che, nonostante le difficoltà, era riuscita a tenere insieme.

Dal suo testamento, così come da alcune sue lettere ad amici, rileviamo il profondo risentimento di Léontine nei confronti di Parigi e dei parigini per aver così prontamente dimenticato il suo Peppino, tanto lodato in vita e presto dimenticato dopo la morte.

Lèontine avrebbe potuto fare una scelta diversa, donare questo patrimonio a una città italiana più importante, dove l'opera di De Nittis sarebbe stata meglio valorizzata, promossa e fatta conoscere a "miglior gloria" per il suo caro marito. Perché decidere di donare questa preziosa collezione ad una piccola città della provincia meridionale?
Una possibile risposta l'ho trovanta nel corso dei miei recenti studi su Raffaele Girondi.

Quest'ultimo era un giovane pittore barlettano che circa trent'anni dopo aveva seguito le orme di De Nittis, andando a Parigi per cercare anch'egli fama e fortuna; e qui muorì all'età di 38 anni, facendo di Parigi una funesta genius loci per i nostri artisti.

Girondi di ritorno a Barletta, dopo il suo primo viaggio a Parigi, aveva espresso in un articolo scritto il 10 maggio del 1908 sul "Buon senso" il desiderio di una pinacoteca per la sua città.

Un luogo dove raccogliere le opere degli artisti barlettani che egli stima, come Giuseppe Gabbiani, Geremia Di Scanno, ma soprattutto le opere di colui che è primo fra tutti, Giuseppe De Nittis, del quale spera che un giorno la città possa ammirare i dipinti custoditi dalla vedova.

Durante il suo ritorno a Parigi, Girondi conobbe la signora De Nittis, la quale conduceva, dalla morte del marito, una vita riservata e solitaria.

E' possibile che Girondi abbia condiviso con Léontine il suo sogno, quasi certamente le aveva parlato dell’eventualità di donare a Barletta le opere lasciate dal marito nello studio al momento della morte.

Era un’idea alla quale Girondi teneva particolarmente e quindi non si può escludere che, avuta l’opportunità di entrare in amicizia con lei, non le abbia confidato il suo progetto.

Così come è possibile che Léontine sia stata intimamente colpita dalla morte di questo giovane artista solitario, ancora di più avendolo assistito, insieme alla sorella di lui Carmela, durante l'improvvisa malattia che lo portò alla morte.

A comprovare questa ipotesi la data in cui viene rogato il legato: Girondi muore nell'aprile del 1911 e Léontine fa redigere il suo testamento a novembre del 1912.

E' sulla scia dell'emozione di questa morte prematura che lei decide di donare alla città natale le opere del suo Peppino. Secondo Léontine Barletta avrebbe pensato a tenere alto il nome e la fama del suo amato marito.

Sappiamo invece che così non è stato, almeno per lungo tempo. Ci sono voluti anni perché l'artista ritornasse ad essere presente nell' esposizioni nazionali e internazionali, così come ci sono voluti anni perché avesse finalmente la sua pinacoteca.

Personalmente condivido la scelta dell'amministrazione comunale di ampliare la pinacoteca (cosa questa che andrebbe considerata permanente e non come mostra temporanea) per permettere una maggiore fruizione della collezione, ma trovo la cosa insufficiente.

È necessario che la pinacoteca sia più vissuta e frequentata dai cittadini.

Per ottenere questo non bastano i saltuari Open days o le mostre permanenti, ma vanno attivati più servizi e migliorata l' accoglienza e le visite diversificando l'offerta, per esempio: attraverso visite a tema o visite mirate secondo le fasce di età, per i bambini, i ragazzi o le famiglie; attivare laboratori museali e un programma di seminari con appuntamenti settimanali.

Invece ci ritroviamo a utilizzare il palazzo della Marra per tutto fuorchè per quello a cui è stato destinato, cioè fare da contenitore per le opere che ci sono state così generosamente donate.

Proporrei a partire da settembre 2013, data del centenario di questa donazione, un anno denittisiano che abbia termine nel settembre del 2014, anno in cui il cade centotrentesimo anniversario dalla morte di De Nittis.

Il fine sarebbe quello di promuovere un periodo di studi e di attività di valorizzazione della sua opera e della sua figura, concludendo quest'anno con l'allestimento di una mostra scientifica a lui dedicata, che mai è stata realizzata fino ad ora.

Una mostra che ponga le sue opere nel contesto storico-artistico in cui sono state prodotte, in rapporto alle relazione da lui coltivate a Napoli, a Firenze, a Parigi e a Londra.

Bisogna capire che dobbiamo partire da ciò che abbiamo e che poco conosciamo, per avviare una giusta promozione e valorizzazione del nostro patrimonio storico e artistico.

Così come non è necessario importare o traslare eventi da altri luoghi per essere attrattivi, ma basta semplicemente mettere in campo e a frutto la nostra storia e la nostra identità.

CINZIA DICORATO





 

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