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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

06/07/2006.  BARLETTA - E' sempre polemica sul progetto del Polo museale.

L'intervento di Renato Russo: progetto da rivedere:
«Museo virtuale? No, grazie davvero»


Qualche anno fa - eravamo nell'estate nel 2003 - mi trovai per caso ad assistere, nell'anticamera della sala giunta, ad una vivace discussione tra la dott.ssa Emanuela Angiuli - consulente del Comune per le celebrazioni del V Centenario della Disfida - e il dirigente della Cultura, dott. Raffaele Montenegro. Oggetto della disputa era il modo in cui l'Angiuli prospettava al Montenegro la riorganizzazione del Museo civico di Barletta presso il Castello (i cui reperti erano depositati nelle casematte di S. Maria e S. Vincenzo), suggerendo la soluzione di un museo virtuale, come quelli operanti a New York, Tokio e Parigi, mentre il suo interlocutore era per il ripristino del museo reale; intendendosi per virtuale un museo realizzato mediante la proiezione di suggestive scenografie storiche con effetti speciali (ma con conseguente immagazzinamento della stragrande quantità dei reperti museali) e per museo reale quello invece concepito secondo i consueti canoni espositivi di qualsiasi museo di nostra ordinaria frequentazione.

Interpellato dalla dott.ssa Angiuli su quale tipo di museo preferissi, espressi il convincimento che un museo virtuale - a parer mio -non debba essere realizzato in alternativa di quello reale, ma a suo completamento, per conferirgli un'implementazione figurativa. Angiuli si indispettì e se ne andò visibilmente contrariata. Subito dopo partecipai all'incontro in sala giunta insieme a numerosi esponenti del mondo culturale e politico cittadino e ricordo che, prima di entrare nel merito della riunione (avremmo discusso dei PIS e POR regionali), riproposi ai presenti pari pari il quesito dell'Angiuli, cioè quale tipo di museo fosse più congeniale alla nostra città, se il virtuale o il reale. All'unanimità, e con perentoria convinzione, tutti convennero sul ripristino del museo reale, rivendicando il piacere del godimento dei pezzi museali che avevamo la fortuna di avere.

Qualcuno fece notare che scegliere la soluzione Angiuli avrebbe oltretutto significato annullare di colpo oltre vent'anni di decisioni politiche sul tema, con non meno di dieci amministrazioni comunali referenti (fra gli anni Ottanta e Novanta) e che inoltre quella soluzione avrebbe comportato, oltre alla segregazione di gran parte dei reperti museali tradizionali, anche la sparizione di interi comparti castellari, come l'Archivio della Memoria (allora in fase di allestimento), il Museo delle Marionette, la Donazione Cafiero e quella Gabbiani e via dicendo, ciascun comparto avendo alle spalle anni di sofferte determinazioni. E com'era possibile, dunque, che d'un colpo, una sola persona potesse annullare tutto questo?

Trascorsi tre anni, agli inizi di febbraio, seppi per caso di un incontro nella sala rossa del Castello, dove, sotto l'insistente spinta dell'Archeoclub, i vertici della cultura del Comune si sarebbero limitati a comunicare agli intervenuti le loro unilaterali determinazioni in merito al problema del ripristino del Museo, invero già avviato da tempo, senza che ne sapessimo nulla. Nell'apprendere, in quella sede, che l'Angiuli era riuscita ad imporre la sua ostinata idea di un museo virtuale, su questa impostazione anzi ottenendo un cospicuo finanziamento regionale e riuscendo al tempo stesso a tener nascosta la notizia alla stragrande maggioranza del mondo culturale cittadino, restai francamente interdetto; poiché però erano ormai anni che il palazzo assumeva verticisticamente le sue decisioni in campo culturale senza alcun confronto con il mondo associazionistico culturale cittadino, già il solo fatto che si degnasse di informarcene mi sembrò una benevola concessione e così non replicai.

L'unico che ci provò fu Pietro Doronzo, l'ostinato presidente dell'Archeoclub al quale vennero concessi tre minuti - tassativamente tre - per esprimere il suo parere critico, subito incriminato - già alle prime battute - di disfattismo e dilettantismo. Lì per lì, quindi, non reagii, ma poi, nella imminenza delle votazioni amministrative, e quindi di un auspicabile ritorno alla democrazia partecipata, presi l'iniziativa di invitare ad un dibattito una ventina di associazioni e numerose personalità del mondo culturale cittadino. Tutti i presenti, all'unanimità, mostrarono contrarietà, quando non aperta avversione, di fronte alla prospettiva di un museo virtuale, se in danno di quello reale. Infatti qualcuno non escluse la possibilità della creazione di una sala da destinare ad una visione virtuale, come quella creata per l'Antiquarium di Canne, purché non comportasse lo smantellamento del nostro apprezzato museo. A questo incontro ne seguì un secondo al quale partecipò il futuro sindaco Maffei, nel corso del quale dall'unanimità dei presenti vennero ribaditi gli stessi convincimenti. Il futuro sindaco si disse solo perplesso di fronte al pericolo della perdita del finanziamento. E su questo convenimmo con lui e chiedemmo di aprire un dibattito per trovare una soluzione compromissoria. Solo che finora non è pervenuta nessuna disponibilità al dialogo anzi, con l'eco di una irritata insofferenza, dalle stanze del potere ci è pervenuta la notizia di una tempestiva richiesta, indirizzata al sindaco il giorno stesso della sua elezione, della conferma di incarico per la signora Angiuli anche per il prossimo anno.

Da questo tipo di reazione, vien subito da chiarire che oggi, allo stato delle cose, il problema si presenta sotto una duplice prospettiva: da un lato attiene alla specifica scelta di quale tipo di museo la città auspica di avere nei prossimi anni, se virtuale o reale (oppure frutto dell'esito di un ragionevole contemperamento fra queste due contrastanti concezioni); per altro verso questa vicenda, che si inquadra nella delicata fase dell'avvicendamento di un'amministrazione comunale ad un'altra, ha fatto affiorare la volontà dei soggetti culturali di questa città di essere reali destinatari di un cambio di rotta, dove tutti i cittadini non siano solo passivi destinatari di ordini perentori piovuti dall'alto, come nel recente passato è avvenuto, ma siano messi in condizione di poter partecipare al processo formativo della volontà del programma culturale.

Renato Russo

Fonte: La Gazzetta del Nord Barese 30/06/2006






L'intervento di Maria Picardi Coliac a proposito di De Nittis e dintorni:
«Si fa cultura facendo vedere le opere d'arte»





Tra pochi giorni si conclude la mostra su De Nittis e Tissot allestita nel Palazzo Della Marra. Una rassegna indubbiamente interessante che, stando ad un primo bilancio degli organizzatori, ha registrato un buon numero di visitatori, attratti dal nome del celebre pittore barlettano, nonostante il ruolo ingiustificatamente e ingiustamente marginale che gli è stato riservato sugli inviti della cerimonia inaugurale, sulla cartellonistica, nei manifesti nel catalogo e in tutto il materiale promozionale, rispetto al meno noto pittore francese.

Una scelta ragionata di chi, lontano da Barletta ha colto l'occasione della mostra per promuovere "anche" il pittore francese o tutto è accaduto "per caso"? Nella prima ipotesi si è trattato di una scelta quantomeno di cattivo gusto, proprio nella città natale di De Nittis e in occasione della riapertura, finalmente, del Palazzo Della Marra che d'ora in poi dovrebbe ospitare, non si sa se interamente o parzialmente, la prestigiosa Collezione De Nittis. Staremo a vedere.

Così come siamo in attesa delle scelte che la nuova Amministrazione comunale farà in tema di politica culturale per la tutela e la valorizzazione dell'immenso patrimonio artistico-culturale di cui Barletta dispone. Circolano voci strane che ci auguriamo possano presto essere decisamente smentite dal sindaco Maffei, uomo di scuola e di cultura e perciò sensibile al problema. Si dice, cioè, che l'Amministrazione comunale in virtù di un progetto della passata Giunta, abbia in animo di lasciare nei magazzini gran parte se non tutto il materiale che per decenni è stato esposto, sia pure in spazi ristretti, del glorioso Museo-Pinacoteca comprendente parecchie migliaia di pezzi di rilevante valore artistico e documentale di un arco temporale che copre parecchi secoli della nostra millenaria storia. Tra questi una pregevole scultura di Benvenuto Cellini, tele di epoca rinascimentale, interessanti collezioni (Gabbiani, De Stefano ed altri) messe insieme con amore e dispendio di studi e finanze da illustri concittadini che ci hanno preceduto e che hanno voluto lasciare alla Città un segno tangibile del loro amore. Si darebbe cioè vita ad un museo virtuale affidando alo strumento audiovisivo e informatico il messaggio di conoscenza, di emozioni, di godimento delle opere d'arte. Si risolverebbe così, d'un colpo, il problema degli spazi.

Nessun rifiuto, per carità, dei supporti che le tecnologie interattive offrono per una migliore lettura e comprensione delle opere d'arte e del contesto storico-sociale nel quale sono state concepite e realizzate. Supporto, appunto. Perchè, come è ormai universalmente acquisito, e non da oggi, il museo ha tre compiti fondamentali: conservare, offrire la possibilità di studio, esporre le opere alla fruizione del pubblico. Per la verità a Barletta, negli ultimi anni l'attività museale è stata espletata con abbondante ricorso alla prima funzione, cioè "conservare", nel senso di tenere in magazzino piuttosto che in esposizione. E' giunto il tempo di dare una svolta importante e decisiva. Riportare alla luce le tante opere negli spazi espositivi di cui il Comune dispone. A tale proposito desidero sottolineare l'altro compito al quale un museo moderno è chiamato: la comunicazione. Ecco, è questo il compito che può essere affidato alle tecnologie visive, dell'immagine, per una migliore comprensione delle opere d'arte. Ma a supporto, non in alternativa alla esposizione, perché è indubbio che le opere sono state create per essere viste nella loro fisicità.

Il supporto audiovisivo ci aiuterà ad ampliarne la conoscenza, ad approfondirne il messaggio, a leggerne le motivazioni alla luce della società civile e artistica dell'epoca alla quale appartengono. Su questo tema ritengo che l'Amministrazione comunale debba aprire un dibattito e avviare una consultazione con le organizzazioni culturali, i soggetti istituzionali e no coinvolti nelle scelte per la crescita culturale dei cittadini e l'immagine della città in un nuovo contesto nazionale e internazionale.

Maria Picardi Coliac, pittrice

Fonte: La Gazzetta del Nord Barese 01/07/2006











 

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