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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

10/07/2006.  "SILENZIO DI DIO O SILENZIO DEGLI UOMINI?" LA NUOVA LETTERA DAL BRASILE DI PADRE SAVERIO PAOLILLO, MISSIONARIO COMBONIANO DI BARLETTA.

Commissione Diocesana Cultura e Comunicazioni Sociali dell'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie

Carissimi Amici,

In questi giorni siamo stati colpiti dalle domande angosciose del Papa durante la visita al campo di concentramento di Auschwitz, palco di una delle peggiori manifestazioni della crudeltá umana. Ritorna il tema del silenzio di Dio di fronte all´esperienza tragica del dolore provocato dalla cattiveria umana. "Dove era Dio in quei giorni? - ha detto il Papa - Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male?". Sono domande che hanno l´etá dell´umanitá. Ricorrenti nella storia del popolo d´Israele come ricorda il Salmo 44, citato da Benedetto XVI: ".Tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose. Per te siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svegliati, perché dormi, Signore? Destati, non ci respingere per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia!" (Sal 44,20.23-27)." Questo è il grito straziante che si eleva dai tanti patiboli innalzati dalla cattiveria umana nei nostri giorni.

Anche Gesú sulla croce fa l´esperienza del silenzio di Dio: "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?" (Mt 27.46). È un silenzio che ci infastidisce, soprattutto davanti al dolore che lacera i corpi e le anime degli innocenti. Ci turba l´idea di un Dio che se ne sta lontano, impassibile, seduto sulla comoda poltrona a godersi lo spettacolo. L´Abbá, il Dio papá dal cuore pieno di tenerezza materna, sembra svanire definitivamente sull´orizzonte tenebroso della cattiveria umana e della sofferenza che ne scaturisce.

Ma non è cosí semplice. Buttare sulle spalle di Dio il peso delle responsabilitá è una scelta comoda. Scandalizzarsi davanti a un presunto silenzio di Dio è ipocrisia. Non è vero che Dio tace. Non c'è silenzio al mondo piú loquace di quello di Dio. Nel silenzio della croce Dio ha parlato attraverso il grido di Gesú, attraverso la sua solitudine, il suo dolore. Nel silenzio della croce Dio ha parlato assumendo la croce; proferendo, nel silenzio, il messaggio piú intenso che il mondo potesse ricevere: il Vangelo dell´amore. Nel silenzio della croce Dio ha parlato divinamente: "Se sei Dio scendi dalla Croce!." E Lui non scende. Rimane sulla croce proprio perché è Dio. Solo Dio puó fare questo. Solo Dio puó dare la vita. Gli uomini fanno di tutto per salvare la propria pelle. Dio la dona. Questa è la differenza, annunciata nel silenzio della croce. L´odio si vince con l´amore. Alla rabbia umana gridata con parole agressive e gesti di inaudita violenza, Dio risponde con il silenzio del perdono. Sconfigge la violenza con la non-violenza. Si rivela Dio a uno dei suoi aguzzini (il centurione romano) per la maniera con cui muore: dando la vita per noi. Il silenzio della Croce è una dichiarazione esplicita d´amore. Il silenzio che sconvolge è quello dei presenti. È il silenzio della paura di perdersi per gli altri, è il silenzio della vigliaccheria, è il silenzio dell´omertá, è il silenzio che apparentemente è neutrale, ma che in realtá è di consenso. È il silenzio della complicitá: "Chi tace acconsente!", dice la sapienza popolare.
È di questo silenzio che ci parlano Auschwitz di ieri e le Auschwitz di tutti i tempi. Ci parlano del nostro silenzio. Del silenzio dei cristiani. Dio non ha mai cessato di parlare. La sua Parola risuona nelle nostre chiese, è proclamata dai nostri pulpiti, è ampiamente diffusa attraverso i mezzi di comunicazione sociale di matrice cristiana. Dove sono i cristiani? Dove siamo noi? Perché taciamo? Perché parliamo solo dopo, quando la tragedia è consumata? Auschwitz non è un capitolo del passato, definitivamente concluso. Continua ancora oggi, per gli stessi motivi: l´ambizione, la sete di potere, l´egoismo, l´odio... All´epoca di Hitler la scusa era il mito della nazione ariana, oggi è l´economia neoliberale che sacrifica milioni di innocenti in nome del profitto accumulato nelle mani di poche persone. Intere moltitudini vivono ammassate nei campi di concentrazione di oggi: nelle periferie abbandonate, nelle prigioni disumane, in ospedali pubblici dove al dolore fisico si aggiunge la sofferenza dell´abbandono... Proprio nei giorni in cui la visita del Papa in Polonia ci faceva morire di vergogna per le atrocitá commesse in quel campo di concentramento, qui, nel comune di Serra, veniva inaugurato un carcere metallico: containers trasformati in celle. Venti detenuti in ogni container. Una struttura che fa risuscitare il fantasma dei campi di concentramento. Frutto di una mentalitá segregatrice che tratta il detenuto, soprattutto quando povero e nero, come immondizia da punire attraverso la privazione definitiva di ció che resta della sua dignitá strappatagliela poco a poco sin dal giorno in cui è nato.
Dov´è l´umanitá di fronte alle cattiverie di oggi? Silenzio! Fa finta di non vedere. Nel mondo globalizzato, esaltato per aver ridotto le distanze e reso piccolo il mondo, le situazioni di sofferenza generate dall´odio sono mantenute a distanza. Diventano vicine le tragedie provocate dalla furia della natura. Ma quelle provocate dalla furia umana sono cancellate. Ci si strappa le vesti sempre per i mali del passato e con i brandelli ci si tappa gli occhi, le orecchie e la bocca di fronte alle ingiustizie che ci circondano. Il silenzio di ieri continua oggi, rotto, soltanto, da piccole voci che cercano di farsi strada tra le grida dei carnefici mascherate con i trucchi del marketing.
Non è il silenzio di Dio che deve scandalizzarci. È il nostro silenzio che deve preoccuparci. È il silenzio dei cristiani che deve farci pensare. Che ne stiamo facendo del vangelo? Lo abbiamo segregato alla sfera del privato. Oggi, purtroppo, come dice Frei Betto, molti cristiani non cercano un nuovo stile di vita costruito sui valori del Vangelo, ma sollievo e soluzione ai suoi problemi esistenziali; non cercano comandamenti, ma consolazioni; non vogliono il perdono, ma una spiegazione alle loro angoscie e difficoltá. Alla promessa di salvezza eterna, preferiscono il guru capace di predire il futuro immediato. Anche la fede cede alla logica della privatizzazione. Le istituzioni religiose sono eliminate in nome di un rapporto individuale con Dio. La dimensione comunitaria della fede cede il passo all´individualismo religioso: la mia fede, i miei problemi, le mie angoscie, la mia opinione... Persino Dio è ricostruito a immagine e somiglianza dell´individuo diventando cosí il "mio dio". La dimensione sociale incontrata nel Vangelo - la solidarietá di Gesú con i piú poveri, la dura reprimenda contro i mercanti del tempio, l´amore al prossimo che riconosce negli emarginati il volto di Dio - è ignorata. La religione ridotta alla ricerca privata della soddisfazione delle necessitá individuali e della consolazione di fronte alle moltepli angosce della vita, si trasforma in legittimatrice del disordine e dell´ingiustiza vigente nella societá. L´ognuno per sé, in ambito sócio-economico, la soddisfazione personale, in ambito psicologico, diventa dio per sé, nell´ambito religioso. L´assolutizzazione del privato genera indiferrenza e disinteresse per l´altro. È la dittatura dell io. L´altro importa nella misura in cui mi serve. I rapporti sono tessuti sul telaio degli interessi privati. L´individualismo produce disinteresse e questi genera silenzio. Loquaci si è quando si tratta di difendere i propri diritti. Silenziosi quando si tratta di difendere quelli degli altri. Chiassosi sulle nostre tragedie, silenziosi su quelle degli altri. Al massimo, diciamo qualche parola di indignazione sulle cattiverie del passato. Tanto la colpa è degli altri. Sulle attuali, silenzio assoluto, perché forse un po´di responsabilitá è anche nostra.
Invece di preoccuparci con il silenzio di Dio, è necessario rompere il nostro silenzio. Il silenzio dell´umanitá non si rompe con urla, slogan e false ideologie, ma paradossalmente, assumendo il silenzio di Dio che parla di amore, solidarietá, tenerezza e servizio senza fare chiasso. Come parla d´amore il servizio silenzioso dei nostri educatori che dedicano la loro vita a bambini impoveriti. Come parla d´amore la vostra generositá silenziosa che ci permette di portare avanti il nostro lavoro in difesa della vita.
È urgente, allora, evangelizzare. Non si tratta di trasmettere una dottrina, ma di fissare un appuntamento dell´uomo con Dio. Come avvenne con la samaritana. Evangelizzare è mettere l´uomo in contatto con Dio. Non con qualunque Dio, ma con il Dio di Gesú Cristo. A volte ho l´impressione che questo incontro faccia paura alle istituzioni ufficiali, soprattutto a quelle che non vogliono perdere il gusto per il potere. Si ha forse paura delle conseguenze? Evangelizzare non è solo proporre di aderire a delle norme, ma soprattutto aderire a Gesú di Nazaret, assumendo le stesse scelte che Lui ha fatto, tra cui l´opzione preferenziale per i piú poveri che lo ha portato a fare della povertá solidale, della castitá amorosa e dell´obbedienza al progetto del Padre, uno stile di vita.
"Bisogna che impariamo a vivere insieme come fratelli, o moriremo insieme come pazzi", diceva Martin Luther King.
È seguendo i passi di Gesú di Nazaret che in questi giorni abbiamo aperto un nuovo spazio di solidarietá con i piú piccoli nel quartiere di Planalto Serrano. Sono duecento bambini tra i sette e i diciasette anni. Era un sogno antico nato dal desiderio di aprire uno spazio alternativo in un quartiere marcato dalla violenza e dalla miseria. Il progetto, chiamato Meninos e Meninas do Mestre, offre alimentazione, attivitá pedagogiche, sportive, culturali, religiose e formazione professionale. Le educatrici sono state scelte nelle comunitá locali, perché la gente del posto sentisse il progetto come proprio, si coinvolgesse nella sua organizzazione e esecuzione e rivelasse, soprattutto, le sue potenzialitá. È lo stile di lavoro della Pastorale dei Minori che fa di tutto perché i poveri escano dalla condizione di spettatori e si trasformino in protagonisti di una storia pensata da loro e costruita con le loro stesse mani.
Le altre attivitá continuano con grande entusiamo. Quest´anno abbiamo aumentato notevolmente i corsi di formazione professionale. Abbiamo giá realizzato quelli di cameriere, meccanico, segretario di ufficio, bigiotteria, carta riciclata e muratore. Oltre, naturalmente, a quelli che realizziamo normalmente, come panificio, pasticceria, taglio e cucito, informatica e parrucchiere. Attualmente i nostri centri accolgono circa 1.100 persone tra bambini, adolescenti, giovani e familiari.
Stiamo cercando di fare del nostro meglio. Grazie, come sempre per quello che fate con noi attraverso la vostra solidarietá. Dio dica bene di tutti noi.

Serra, 08 giugno 2006
P. Saverio Paolillo


- Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie e Nazareth
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