www.comitatoprocanne.com

Meteo Puglia










CANNE DELLA BATTAGLIA:
RIPULIAMO DALLO SCEMPIO LA FONTANA DI SAN RUGGIERO
Vai al sito


Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

07/04/2022.  BARLETTA - CENTOCINQUANTA DI QUESTI ANNI: AUGURI SENZA TEMPO AL TEATRO CURCI. NELLA SUA TRAVAGLIATA STORIA DA QUEL 6 APRILE 1872, UN CALEIDOSCOPIO DI LUCI ED OMBRE PER UN AUTENTICO "SPETTACOLO" GIOIELLO D'ARTE E DI CULTURA COME VANTO DELL'INTERA COMUNITA'.

Nella storia culturale di Barletta il 6 aprile 1872 rappresenta una data particolarmente importante. Dopo otto anni di attesa i Barlettani riottennero finalmente il loro teatro.

Era la vigilia della domenica in Albis (quell’anno la Pasqua era stata celebrata il 31 marzo), una giornata primaverile, annotano i cronisti dell’epoca; la Chiesa celebrava San Guglielmo, il monaco agostiniano francese, canonico di Eskill (Danimarca).

Già nel primo pomeriggio c’era animazione “sotto l’arco del palazzo”, quasi di fronte al teatro; i loggionisti, quasi tutti operai, in gran parte dei “trappeti”, i piccoli stabilimenti vinicoli molto numerosi in quegli anni, discutevano del cartellone e in particolare della “prima” per la quale fu scelta un’opera di grande successo, Macbeth” di Giuseppe Verdi.

I loggionisti barlettani erano tra i più competenti melomani, in grado di determinare il successo o il fiasco di cantanti e direttori d’orchestra. In particolare per quella “prima” era atteso alla prova il principale protagonista del dramma shakesperiano, il baritono nella parte di Macbeth appunto, il re di Scozia.

Prima del capolavoro verdiano fu eseguita la sinfonia “Italia redenta” del compositore barlettano Giuseppe Curci. I critici scrissero di una vera e propria ovazione del pubblico.

OTTO ANNI DI ATTESA, abbiamo detto, per il nuovo teatro. Barletta non era nuova alla cultura teatrale. Già nel Seicento disponeva di un teatro, il “Galera”, così chiamato perché ubicato in un capannone-deposito ubicato in strada Galera, oggi via Prospero Colonna. Chiamarlo teatro era certamente una forzatura; in realtà – come scrive Francesco Saverio Vista - «una località ove si rappresentavano quei spettacoli sacri o profani consentiti, o d’uso in quei tempi». La strada Galera era nei pressi della Cattedrale e nel teatro si entrava dalla strada Forno dei Greci.

Quella sala dopo qualche decennio si rivelò insufficiente a causa della crescente domanda di un pubblico che già allora era di palato fine. E quando il re Carlo di Borbone nel 1745 ordinò lo sfratto dell’Arsenale dai locali di Largo Paniere del Sabato (oggi Piazza Plebiscito), la municipalità ne approfittò per adattare a teatro quell’immobile che fu ribattezzato “Teatro Arsenale”. Visse stagioni gloriose ed era frequentato dalla nobiltà dell’epoca che – come racconta il cronista - «quando il teatro agiva, sospendeva il suo giro di conversazioni che si tenevano due settimane per ciascuna delle famiglie Bonelli, Elefante, Pappalettera, Esperti, De Leone, Baldacchino Gargano».

UNA STORIA RICCA DI ANEDDOTI. Ne citiamo uno piuttosto singolare. Era il 2 settembre 1748. Quella sera il cartellone proponeva la rappresentazione della commedia “La moglie gelosa”; la scena finale prevedeva che la moglie, al colmo della ennesima crisi di gelosia, uccidesse il marito con un colpo di fucile. E l’arma fu chiesta in prestito ad un ufficiale della milizia urbana in servizio di ordine pubblico. Il gesto della fucilata assassina doveva essere mimato, ma, accidentalmente, dall’arma partì un colpo che raggiunse al petto il capocomico uccidendolo.

Intanto la Rivoluzione Francese premeva con le nuove idee e a Barletta se ne facevano mediatori gli ufficiali del quartiere generale dell’Armata francese di stanza nella città da parecchi anni. La stessa società barlettana si apprestava ad una svolta politica e culturale importante e si faceva strada l’istanza di un vero teatro.

Si guardava a Napoli, alla cultura partenopea che esercitava un fascino particolare nelle province più vicine alla capitale del Regno, Capitanata e Terra di Bari; un fenomeno al quale non era estraneo il mondo musicale. Il “San Carlo” rappresentava il punto di riferimento più alto. Si pensava al teatro non solo come luogo di incontro e di spettacolo, oltre che a strumento per la diffusione della cultura musicale, ma anche come elemento architettonico in grado di migliorare l’immagine della città che già godeva la notorietà di importante centro commerciale con una economia molto florida e la presenza di un gran numero di famiglie facoltose.

IN QUESTO CLIMA nacque la decisione del Decurionato (il Consiglio comunale dell’epoca) di riunirsi in seduta straordinaria con un solo argomento all’ordine del giorno: la costruzione di un teatro. Era il 22 settembre 1814. Al termine di un ampio dibattito per l’esame di tutti gli aspetti, tecnici e finanziari, fu approvato un documento con il quale si ribadiva la volontà di un gruppo di facoltosi cittadini di costruire, a proprie spese, un grande teatro. Era stata costituita una società per azioni con l’obbligo per ogni socio di versare 300 ducati per ogni azione. Il Comune chiedeva la concessione dell’area riveniente dalla soppressione del monastero dell’Annunziata nella zona lungo le mura, oggi via Ospedale dei Pellegrini. «Niuno di voi – affermò in quella seduta consiliare il Sottintendente Ferdinando Ciaia, convinto sostenitore dell’iniziativa – ignora di qual vantaggio sia l’avere un teatro regolare e permanente, niuno di voi ignora essere questo uno dei mezzi più efficaci per promuovere i lumi e generalizzare la civilizzazione per poter correggere e addolcire i costumi e finalmente per sottrarre la gioventù con piacevoli ed innocenti distrazioni dall’impero di quell’ozio che è la causa di tanti vizi e che giunge a portare il disturbo e la desolazione sin nell’interno delle proprie famiglie». Prima di lui, il marchese Giuseppe Ceva Grimaldi, segretario di Stato dei Borbone, sosteneva che il teatro «è come l’arte di ben abbigliarsi che dà sempre una prima e felice impressione: un popolo civile non può e non deve esservi indifferente». Il re Ferdinando I, con decreto del 2 aprile 1817 autorizzò il Comune a concedere gratuitamente l’area dell’Annunziata con l’obbligo di costruire il teatro nell’arco di tre anni. I lavori ebbero subito inizio su progetto dell’ingegnere provinciale Nicola Leandro e il nuovo teatro fu inaugurato il 4 ottobre 1819. In omaggio al sovrano fu denominato “San Ferdinando”.

MA ANCHE IL SAN FERDINANDO, col tempo, si rivelò inadeguato. Nell’estate del 1864 crollò un’ala dell’edificio e il teatro fu chiuso. Due anni dopo la proprietà fu ceduta al Comune che il 15 maggio 1869 deliberò la costruzione di un nuovo teatro sulle rovine di quello esistente. Il progetto fu affidato all’architetto Federico Santacroce, barlettano ma di scuola napoletana. E a Napoli si guardò per le decorazioni, l’arredo e gli impianti. Pietro Venier che aveva lavorato al San Carlo disegnò gli ornamenti dorati delle 42 cornucopie di sala, realizzate poi dall’indoratore napoletano Caggiano. Giambattista Calò, il primo maestro di De Nittis, nel medaglione centrale del cielo di volta dipinse “L’Aurora” rappresentata da «una donna raggiante e coronata che da Ponente dirige verso Levante il cocchio della quadriga, mentre da tre lati che circondano gruppi di donne che rappresentano le Arti e le Virtù». Calò dipinse anche il sipario per il quale scelse il tema della “Disfida” e il telone interscenico nel quale raffigurò il Monte Parnaso con il tempio di Apollo. Santacroce prolungò la sala verso il proscenio recuperando altri spazi per la platea e i palchi. La facciata era scandita da tre grossi archi di entrata che formavano il portico che introduceva all’antisala; sugli archi si aprivano cinque finestre ornate da cornici e colonne e, tra queste e il cornicione, cinque nicchie con i busti dei musicisti Rossini, Verdi, Bellini, Mercadante e Donizetti. Insomma Barletta aveva finalmente il suo San Carlo.

LA DIREZIONE DELLA STAGIONE INAUGURALE fu affidata a Giuseppe Curci. In quell’anno le rappresentazioni furono una novantina. Quando Curci morì, nel 1877, il Comune volle onorarne la memoria intitolandogli il teatro che da quell’anno si chiamò” Teatro Comunale Curci”.

Visse stagioni memorabili; nel 1899 fu completata la Galleria che correva lungo il lato orientale e suppliva alla mancanza di un porticato sul prospetto e consentiva, pertanto, la sosta delle carrozze e l’accesso diretto al vestibolo. Il “Curci” guadagnò un immagine internazionale, tant’è che nel 1908 il Ministero della Pubblica Istruzione, invitò la civica amministrazione a partecipare, con piante, fotografie, disegni del teatro, all’Esposizione teatrale di Parigi.

Lo scoppio della prima guerra mondiale, purtroppo, interruppe questa fortunata parentesi. Dopo la guerra il Cinema bussava prepotentemente alle porte e il “Curci”, dopo le prime resistenze, dovette cedere. Nel giro di un paio di anni il glorioso teatro fu trasformato in sala cinematografica. E fu l’inizio di un degrado che si fece intollerabile nel 1936 quando il teatro fu chiuso per inagibilità.

Riprese la sua attività nel 1945, affidata ad una gestione privata. Allo spettacolo cinematografico si alternavano stagioni liriche, di prosa, di rivista. Ma questo ciclo durò una decina di anni; dopo di che l’assenza di una adeguata manutenzione, l’uso intensivo e una buona dose di vandalismo, decretarono la fine pressoché inesorabile del teatro che, nel 1961 era così malridotto, da indurre l’Amministrazione comunale a deliberarne la chiusura per motivi di pubblica incolumità.

FU UN DURO COLPO e le proteste e sollecitazioni per il recupero dell’impianto furono ricorrenti e, in molti casi, “rumorose”. Nel 1969 si verificò una sorta di “miracolo”: l’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo chiese ed ottenne la concessione del Curci con l’impegno di restituirlo all’originario splendore. Fu determinante la tenacia con la quale il presidente Ruggero Dimiccoli e il direttore Vittorio Palumbieri, sostenuti anche dalla Gazzetta, presero in carico la difficile missione. Nel 1972 fu sottoscritto l’atto di convenzione e l’anno dopo ebbero inizio i lavori di restauro affidati all’architetto Mauro Civita. Non fu facile, ma il prof. Civita operò una scrupolosa lettura del monumento e del contesto storico-urbanistico nel quale era nato e inserito, per giungere al ripristino di tutte le connotazioni originarie in modo da restituire alla fabbrica, per intero, i suoi valori artistici, storici, di tradizione. Insomma non si trattava solo di risanamento, ma di restituire alla comunità una struttura che aveva avuto un ruolo importante nella storia sociale e culturale di Barletta.

I lavori durarono cinque anni. Il 18 dicembre 1977 il, presidente del Consiglio Giulio Andreotti inaugurò il “Curci” restaurato. Era sindaco Armando Messina.

Ebbe inizio un nuovo glorioso ciclo. Ma dopo dieci anni, scaduta la concessione all’Azienda di Soggiorno e Turismo, altra crisi e conseguente chiusura per l’adeguamento dell’impianto alle norme dio sicurezza secondo le direttive comunitarie. Non c’erano soldi e nel 1992 addirittura fu lanciata la proposta di una sottoscrizione popolare. Finalmente, tre anni dopo, sindaco Nicola Maffei, l’intervento risolutore con la realizzazione dei lavori su progetto dell’ing. Duilio Maglio. Nel 2008, infine l’adeguamento alla climatizzazione dell’intero immobile su progetto degli ingegneri Francesco e Antonio Renzulli.

Oggi il teatro è tornato al centro della vita culturale di Barletta e dell’intero Nord Barese, grazie anche alla attenta e intelligente scelta di cartellone del direttore artistico Fabio Troiano. C’è da augurarsi che l’alternanza “ gloria-crisi” che ha scandito i decenni passati sia solo un ricordo e che Barletta possa godere a lungo, per dirla con Ceva Grimaldi, «l’arte di ben abbigliarsi» con il suo teatro.

MICHELE CRISTALLO





 

Stampa l'articolo

 
© Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia. Sede e Presidenza: Via Rizzitelli 62 - 70051 Barletta BT ITALY
Tel: (+39) 0883 532180 - Email: comitatoprocanne@oggiweb.com. Credits: OggiWeb www.oggiweb.com