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CANNE DELLA BATTAGLIA:
RIPULIAMO DALLO SCEMPIO LA FONTANA DI SAN RUGGIERO
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Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

20/06/2005.  MOSTRA SUI GATTI NEL MEDIOEVO A CANNE DELLA BATTAGLIA.

Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia

Comune di Barletta
Città della Disfida

Archeoclub d’Italia
Sede di Barletta

CATUS.
I GATTI SULLA COLLINA DI CANNE.
OVVERO: IL CIBO SOTTO LA MENSA.

MOSTRA PROMOSSA DAL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI NELL’AMBITO DELLE INIZIATIVE DELLA VII SETTIMANA DELLA CULTURA
(16-22 MAGGIO 2005)

Fonte documentaria dei testi:
pieghevole illustrativo in distribuzione gratuita presso la struttura museale espositiva
(si ringraziano Enti ed Autori per la cortese disponibilità alla maggiore divulgazione)

DALLA DEA BASTET, DEA-GATTA, AL MICIO DEI NOSTRI GIORNI


Non si nota a volte chi ci è molto familiare: nella normalità della vita quotidiana possono sfuggire le presenze e i comportamenti di chi condivide i nostri stessi spazi, con la naturalezza delle cose che ci sono sempre state. E’ il destino del gatto, il grande assente nella storia della produzione artistica, l’animale di cui ignoriamo il suo essere presenza domestica, se non nella percezione occasionale di una tranquilla familiarità o di un’avversione culturale-religiosa, spesso sentita come ambigua e maligna. C’è un abisso tra il mondo egizio che venera Bastet, la dea gatta, e il Medioevo, che esprime la sua insicurezza e le sue paure, bruciando i gatti nello stesso fuoco delle donne-streghe maledette. Tra questi opposti, molte e diversificate sono le cronache di una vita “gattesca”, deducibili dalle testimonianze letterarie : dalla tenerezza di Augusto verso la sua gatta “dal pelo lungo e dagli occhi gialli” al fortunatissimo gatto che a Bisanzio alla corte di Costantino IX Monogamo partecipava ai banchetti imperiali, mangiando da un piatto d’oro; all’eremita che nella Vita di Gregorio Magno “nient’altro possedeva al mondo che una gatta”, fino alla disperazione, dettata dalla nera fame, che costringeva negli assedi a cibarsi di gatti, cani e topi.
L’idea di proporre un percorso espositivo sulla presenza del gatto nella cittadella medievale di Canne parte da un dato archeozoologico di grande interesse: la presenza di resti faunistici attribuibili a gatti, individuati nel corso degli scavi 1999-2000, condotti nella cittadella del XIII secolo. Le chiavi di lettura del contesto in esame, relativo a un interessante edificio lungo la “via della Feritoia”, possono essere molteplici. Occorre partire dal dato iniziale dell’analisi che rileva sulle ossa tracce di macellazione.
Certamente non ne consegue, come risultato della ricerca, la certezza dell’uso alimentare del gatto sulla collina del XIII secolo. La conservazione nello stesso ambiente di cinque animali fa supporre in prima istanza che si sia trattato di un immagazzinamento della carne e che la stessa fosse trattata e messa a pendere, costituendo una riserva alimentare utile. Ma, come è stato osservato, l’ipotesi di una cultura alimentare che riservasse al gatto una brutta fine non è l’unica. Si può pensare anche a una tradizione di utilizzo del pelo dell’animale per vestiari. Va anche detto che le due possibilità possono indicare la coesistenza di una cultura alimentare estesa al gatto con le consuetudini di vestiario del tempo (pellicce povere in questo caso, dato integrativo delle testimonianze sulla “lana di capra” nota, ad esempio, da una pergamena del 1035).
La ricerca comunque è di enorme interesse , sia che indichi la piena normalità di un uso “economico” del gatto nel medioevo dell’area ofantina sia che espliciti il nesso gatto-povertà, di carni cioè che attingono a una “riserva domestica”, controllabile nella riproduzione al pari degli animali di bassa corte: polli, galline, oche, anatre. E dare concretezza con il dato archeologico agli oscuri gatti di Canne significa certamente ridare dignità ad animali trascurati dai documenti. La fame le tante necessità degli uomini possono aver trasformato il fiero felino domestico nella preda più facile, nell’animale cacciato e destinato alla mensa. La normalità dei tempi poteva richiedere la macellazione dell’animale. Per fortuna, ora, non è più così.

Marisa Corrente
Direttrice Antiquarium di Canne della Battaglia



IL GATTO NEL MEDIOEVO

Dice Umberto Eco nei suoi “perché”: “Perché tra tanti cani che latrano, buoi che muggiscono, polli che chiocciano, persino pesci che emettono strani rumori, in queste pagine non si sente mai, a nostra scienza, un gatto che miagola?”

Nell’Alto Medioevo il gatto era diffuso in tutta Europa come guardiano dei granai: rappresentava l’unica salvezza dal flagello dei topi. La sua immagine era raffigurata in alcune chiese del tempo; nel mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto, Pantaleone nel 1165 ha disegnato un gatto che sta per compiere un balzo per afferrare un topo.
Dall’VIII secolo sino al 1300, periodo in cui l’animale è considerato soprattutto in chiave moralistica, sul gatto si appuntano pregiudizi e leggende; fu perciò oggetto di persecuzione: veniva annegato, bruciato, inchiodato vito sui portali dei castelli e delle case, la sua utilità messa in discussione e negata perché rappresentava il demonio. Le abitudini notturne e solitarie dell’animale, il movimento rapido e sfuggente, il suo essere parte dell’ambiente domestico, conservando tuttavia una fiera indipendenza lo resero protagonista involontario di riti satanici e di messe nere e per questo, per più di quattro secoli, i gatti vennero torturati e sacrificati, in particolare quelli con il mantello nero.
Nel Medievo, proprio quando dalle navi crociate di ritorno dal Medio Oriente veniva importato sul continente europeo il rattus trasmettitore di malattie, la caccia al gatto divenne vera e propria persecuzione. L’imperatore Federico II arriva, ad esempio, a nominare cavaliere un certo Kirchan per aver ucciso a morsi (sic!) ben tre gatti.
Nonostante le persecuzioni, i gatti continuavano a ripulire le abitazioni d’Europa dai topi. Si giunse quindi alla necessità di maledire solo il gatto nero, il cui colore richiamava immagini lugubri e infernali.
Il povero felino vede quindi la sua esistenza intrecciarsi dolorosamente alla caccia alle streghe. Nel 1427 san Bernardino da Siena scrive che le streghe presumono di trasformarsi in gatte con un unguento preparato con erbe cotte la notte di san Giovanni o dell’Ascensione. In Francia nacquero delle feste popolari chiamate “fuochi di S. Giovanni” in cui i gatti venivano chiusi in ceste di paglia e arsi vivi a futor di popolo, successivamente queste “stragi” di gatti si diffusero in tutta l’Europa.
Soltanto con Luigi XIV vennero banditi i rituali pubblici di uccisioni di gatti. Il fatto che comunque nel Medioevo il gatto viene contemporaneamente visto come simbolo del demonio, ma anche come animale utile all’uomo, è testimoniata dalla medicina che subì un notevole sviluppo dovuto al miglioramento delle condizioni igieniche ed alimentari, ai nuovi valori inculcati dal Cristianesimo, ad un modo nuovo di pensare ed intendere la realtà sociale.

Luigi Nunzio Dibenedetto


LA “CASA DEI GATTI” NELL’ABITATO DEL XIII SECOLO

La lunga campagna di scavo, che, fra il 1999 ed il 2000, ha interessato la cittadella medievale di Canne della Battaglia, ha consentito di riportare in luce un’ampia porzione dell’abitato, costituito per la gran parte da ambienti monocellulari, più raramente comunicati a gruppi di due o tre, addossati gli uni agli altri all’interno di isolati regolari separati da strade parallele, secondo una distribuzione ed organizzazione degli spazi che lo studio del materiale ceramico, confermato dalle fonti storiche in nostro possesso, consente di datare al XIII secolo, ultimo periodo vitale dell’insediamento prima dell’abbandono definitivo.
Fatta ecezione per alcuni ambienti caratterizzati dalla presenza di indizi che ne rendono plausibile una lettura quali botteghe e/o spazi artigianali, legati in primo luogo alla lavorazione dei metalli, la gran parte degli ambienti riportati in luce dovette essere con ogni evidenza destinata ad uso abitativo, forse come seminterrati di edifici di uno o più piani, cui si accedeva direttamente dalla strada grazie ad un breve piano inclinato e a una serie di pochi gradini.
Alcuni vani si segnalano per particolari apprestamenti chiaramente legati al mondo dell’alimentazione della cucina, con riferimento immediato a semplici focolari circondati da una corona di petre di cui alcuni esempi sono sttai riconosciuti in corso di scavo. Si aggiungono ad essi strutture di maggiore impegno, quali pozzi e cisterne per l’acqua disseminati un po’ in tutta l’area della cittadella ed essenziali per il quotidiano approvvigionamento idrico di un centro di una certa ampiezza quale Canne dove essere in età medievale.
Particolare rilievo rivestono infine alcuni vani per la loro chiara connotazione di luoghi di preparazione o conservazione di alimenti e provviste.
Fra questi il più appariscente è certamente costituito da un vano (“casa dei gatti”), ai cui lati minori si addossano due strette camere ipogeiche voltate e con accesso esclusivo dall’alto, da interpretarsi certamente come ambienti per lo stoccaggio e il deposito di granaglie o per l’essiccazione di carne.
Sempre legate ad attività culinarie sono inoltre le vasche in calcare di cui alcuni ambienti sono datati, probabilmente da leggersi come contenitori per la triturazione o l’impasto di ingredienti destinati alla mensa domestica.
Un trasparente valore alimentare è infine attribuire al grande forno che occupa per l’intera larghezza uno degli ambienti minori: esso è composto da una base approssimativamente quadrata e da una copertura a cupola, alla sommità della quale è tuttora riconoscibile la cavità di fuoriuscita del fumo. Evidente è la destinazione del forno ad attività di panificazione.

Giorgio Postrioti



Mostra promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali
nell’ambito delle iniziative della
VII Settimana della Cultura (16-22 MAGGIO 2005)

In collaborazione con
Comune di Barletta
Archeoclub-Sezione di Barletta

Ideazione mostra
Marisa Corrente

Progetto espositivo e direzione lavori
Giovanni Gorgoglione

Percorso didattico e testi
Marisa Corrente
Luigi Nunzio Ribenedetto
Giorgio Postrioti
Giovanni De Venuto

Interventi di restauro sui materiali ceramici
Laboratorio di restauro del Centro Operativo per l’Archeologica – Bari

Interventi di pulitura sui materiali ossei
Giovanni De Venuto

Servizio custodia
Addetti ai servizi di vigilanza Antiquarium

Servizi aggiuntivi per l’accoglienza pubblico e prenotazione visite guidate
Novamusa Puglia S.c. a r.l.

Impresa esecutrice dei lavori
Lucino Lacitignola

Lavorazione materiali
Domenico Ursi

Progetto grafico
Publiset di Piero Dicuonzo




Materiale documentario tratto dalla brochure illustrativa in distribuzione gratuita nel bookshop dell'Antiquarium di Canne della Battaglia. Si ringrazia la Direzione per la cortese collaborazione fornita.


Clicca qui per visionare l'articolo pubblicato sul portale della Gazzetta del Mezzogiorno.








 

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