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Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

01/09/2009.  PERSONAGGI - FEDERICO II, UN MITO FRA LUCI E OMBRE .


Tra ottobre e novembre Ettore Catalano,docente di letteratura italiana dell’Università di Bari,su invito della Dante Alighieri, sarà impegnato in una lunga tournee nei paesi scandinavi per raccontare Federico Secondo di Svevia e la sua fortuna nei paesi del Mediterraneo. La fortuna di questo imperatore non smette di crescere se proprio nell’anno in corso Cinzia Tani ha pubblicato da Mondadori un romanzo sull’imperatore svevo, «Lo stupore del mondo», nel quale ne ripercorre glorie e meraviglie ed è inutile citare la straripante presenza dell’imperatore e del suo nome nella pubblicità pugliese, nell’onomastica di associazioni, di prodotti di consumo, di scuole e persino di banche. Insomma Federico e il suo mito pare proprio incarnino la ragione identitaria dei pugliesi che non avendo altri santi a cui richiamarsi trovano questo ombrello storico e onnicomprensivo come tutela di sé e della propria nobiltà storica.
Per sfatare il mito e irridere la stupidità dei pugliesi Salimbene de Adam, spinto da mania antifedericiana e filopapale li bollava in età medievale come “cacherelli et merdazoli”. Oggi Marco Brando, giornalista del Corriere della Sera, neppure amico di Salimbene né leghista di turno, ha pubblicato con Palomar un pamphlet, «Lo strano caso di Federico di Svevia» che ha innescato una polemica sviluppatasi sulle pagine dei giornali e che ha prodotto una risposta pacata di Raffaele Licinio, medievista barese e studioso di cose sveve e di Renato Russo che è ricorso a un breve e circostanziato saggio, «Pugliesi tutti pazzi per Federico», edito da Rotas, nel quale ha provato a discutere le posizioni di Brando, che ritiene troppo creduloni i pugliesi e il mito di Federico eccessivamente e ingiustificatamente esaltato.
Brando è lapidario e bolla Federico come un mito in Puglia, nel nord Italia un tiranno, in Germania uno sconosciuto.
La discussione affrontata da Russo si basa su dati storici e tende e ridiscutere la figura dell’imperatore sui molti versanti: dal rapporto con la chiesa e con gli arabi alla sua statura di legislatore e di condottiero. Il fondamento è ovviamente lo studio epocale condotto da Kantorovitz, ma altri puntelli poggiano su Francesco De Robertis e su Willemsen.
Compito degli storici e dei giornalisti di razza è sfatare i miti e ristabilire la verità. La revisione operata negli ultimi anni sui lager delle dittature di destra e di sinistra, su Salò, sulle foibe, la dice lunga. E penso che i prossimi secoli si interrogheranno sul valore politico e ideale delle azioni terroristiche degli islamici e sullo strapotere degli Stati Uniti. A freddo, cioè documenti alla mano, Brando ha ragione. Noi idolatriamo un imperatore assolutista e cinico ,in tempi di esaltazione delle libertà repubblicane e democratiche facciamo di un reazionario e sanguinario un gigante. Tuttavia ciò che Brando dimentica di considerare è il valore delle interpretazioni postume senza la giustificazione dei contesti.
Un uomo va valutato alla luce di ciò che le difficoltà dei tempi hanno rappresentato in un certo momento storico. Ovvero ognuno è figlio del proprio tempo e se decontestualizziamo non veniamo a capo di nulla. C’è dunque necessità di revisione storica fondata sui dati e sui documenti e alla fine, la bilancia della storia penderà da qualche parte. La bilancia di Federico in età angioina è calata notevolmente. Gli angioini hanno cancellato le sue tracce, bruciato documenti, devastato monumenti e fatto saltare statue ricordi memorie. Insomma tutto ciò che avviene alla caduta di un regime. Lo insegnano le statue distrutte di Saddam di Hitler di Mussolini. E tuttavia tra la damnatio memoria degli angioini e degli storiografi della chiesa e l’edificio che Dante Alighieri ha provato a costruire sotto i piedi dell’imperatore svevo ha finito nel tempo col prevalere la potenza del fiorentino. La sua parola, la sua posizione politica e culturale, la sua voglia di una Italia una e libera da servaggi hanno vinto sulla forza devastatrice e cancellatrice dei nemici di Federico. Certo,anche Dante è stato soggetto a fortune e sfortune della critica, i secoli lo hanno esaltato e dimenticato. Ma è nella logica delle cose. A metà del Novecento i tedeschi hanno combinato al mondo uno scherzo difficile da dimenticare. E con il mondo tedesco la damnatio è caduta su tutto ciò che apparteneva loro, ai loro miti, alla loro storia. Contro la dittatura sanguinaria dei tedeschi è emersa la libertà mercantile degli americani. E sono emersi i miti moderni della musica e della letteratura e della lingua di quel paese. Federico è stato travolto ulteriormente come prodotto di un mondo da condannare al silenzio. Ciononostante i pugliesi, questi idioti di pugliesi e di lucani e di siciliani hanno fatto riemergere un mito. Ma non è il solo. Affianco per esempio ci sono i miti di Elea, di Zenone ,di Parmenide,di Pitagora, di Orazio, di Ennio. Sono robe antiche alle quali si appellano coloro che sono stati considerati ladri camorristi farabutti incivili e incapaci. Uno a qualcosa dovrà pure aggrapparsi. E poi sono riemersi dalla ignoranza e dall’analfabetismo antico dei meridionali, le pietre bianche dei castelli, la logica politica che spesso ha sostituito quella guerrafondaia. E la luce del diritto giustinianeo che correggeva quello dei longobardi rivisitato dai franchi. Si legga Paolino e Polla di Riccardo da Venosa, Marco Brando, e vedrà perché un giudice laico esaltava Federico al tempo delle Costituzioni di Melfi. E poi c’è una faccenda che mai riusciremo a capire. Bello o brutto che sia, il mito supera i tempi.
È una questione irrazionale e illogica. E la razionalità della valutazione storica farà sempre a cazzotti con l’irrazionalità del mito. E’ come l’amore. Riusciremo mai a spiegarci perché un carnefice, un orrore di uomo, una bestia, un ignorante, un farabutto, fa innamorare di sé una bellissima e magari intelligentissima donna? O perché un Angelo Azzurro riesce a stravolgere la serenità e la vita di un onesto e attempato professore di provincia? Qui è il mito della bellezza, lì è il mito che si è incrostato nei secoli e che nessuna revisione documentale riuscirà mai a sovvertire.

Raffaele Nigro
La Gazzetta del Mezzogiorno
Domenica 23 agosto 2009





 

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