www.comitatoprocanne.com

Meteo Puglia










CANNE DELLA BATTAGLIA:
RIPULIAMO DALLO SCEMPIO LA FONTANA DI SAN RUGGIERO
Vai al sito


Mensile telematico di archeologia, turismo, ambiente, spettacolo, beni e attività culturali, costume, attualità e storia del territorio in provincia di Barletta–Andria-Trani e Valle d’Ofanto

Iscritto in data 25/1/2007 al n. 3/07 del Registro dei giornali e periodici presso il Tribunale di Trani. Proprietario ed editore: Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia - Barletta (BT)

 

13/04/2011.  BARLETTA - "L'ORIENTE, INCANTI E SCOPERTE". FERRUCCIO GEMMELLARO RECENSISCE LA MOSTRA IN ONDA SABATO 16 APRILE DA "SERENO VARIABILE" (RAI DUE).

L'Oriente per noi italiani è sovente accostato all'aggettivo vicino; infatti, basta attraversare l'Adriatico per immergerci in un mondo altro. L'idea del fantastico e del fantasmagorico, tuttavia, è sempre aleggiato nel trattare le sue cose e i suoi abitanti.


L'immaginazione di quelle scenografie si concreta, almeno nell'individuo del XIX secolo, a crudo di fruibili, ricorrenti immagini fotografiche e filmate, in una veristica raffigurazione voluta dagli artisti d'epoca, molti di questi ammessi alle comitive diplomatiche che dall'Italia, nuovo stato unitario, raggiungevano le sedi di rappresentanza.


L'esposizione, che ne raccoglie un dovizioso assortimento, oltre ottanta opere di provenienza italiana, museale e privata, un affascinante viaggio virtuale in quattro sezioni niente affatto schematiche, non poteva che essere allestita in Puglia, la regione indicata storicamente quale Porta dell'Oriente. Non poteva, pertanto, contrapporsi possibilità più logica di Barletta, già imbarcadero dei crociati, sede doganale e capitale morale di un Ottocento proiettato nella futura Europa eclettica e vigorosa.


Il Porto orientale (d'Oriente) tempera di Carlo Bissoli del 1884 è la primizia di un sogno, l'approdo realizzabile che apre la via per un pianeta tutto da scoprire. Appena fuori di esso incigna lo scorrere dei fotogrammi che vivificano quei racconti così come scolpiti nel cerebrale; Alberto Pasini li mostra con gli oli Carovana nel deserto (Carovana presso il Mar Morto) del 1864 e Sulle rive del Corno d'Oro del 1869. E gli occhi cadono ineluttabile sui paesaggi, remoti dall'iconografia attinta ai libri, pur suggestiva e misteriosa nel grigiore litografico.


Ecco allora di Ippolito Caffì gli onirici oli Siria Tempio del Sole a Baalbec del 1843 e Egitto Riposo di una carovana olio del 1844. Nella prima opera, il tempio, pur diroccato, in un gioco di ombre e di luce, pare una chimerica e gigantesca divinità polipede dalle sembianze animali a protezione della vita terrena sottostante... ma forse è proprio il significato ubiquitario del dio sole con i suoi molteplici raggi.


Nella seconda, è la piramide, posta in estremo livello e pervasa di tonalità crepuscolare, che si eleva a sovrastare la carovana, quale metafora di progenitori divinizzati che ne proteggono e addolciscono la quotidianità. L'attracco d'ansia di là dell'Adriatico e la curiosità immediata per i paesaggi, il tutto si stempera dunque nelle città e negli incontri, coinvolto da una consuetudine che alfine si rivela l'omologa di quella del visitatore e della sua gente qua dell'Adriatico; muta visibilmente l'architettura edile e dell'abbigliamento, appena la gestualità.


Nel Mercato arabo di Marco De Gregorio, olio del 1873 tra le incedenti donne il viaggiatore italiano può credere, infatti, di individuare la propria madre o sorella tradizionalmente esperte nel reggere sul capo una cesta o drocchia in equilibrio. La preghiera della sera di Ettore Cercone del 1893, alle modulazioni del muezzin, viepiù, lo porta a rivedere le scene domestiche delle donne di casa sua, inginocchiarsi e pregare ai rintocchi vespertini.


Ecco che si ricompone l'atteso miraggio orientalistico: le odalische.


Certo, il suono di questo lemma sa di seduzione e di proibito ma esso si stempererebbe qualora associassimo immediatamente la corretta traduzione letteraria di cameriera attraverso il francese odalisque, questo attinto al turco odaliq in cui oda vale camera. Si stempera ma non si dissolve poiché l'adozione di cameriera ha un ruolo ben diverso in quel mondo altro, ove il maschio è arbitro indiscusso dei famigliari e dei famigli.


L'Odalisca (Schiava dell'harem) di Giuseppe Molteni, olio del 1838, e la Odalisca di Natale Schiavoni, olio del 1840, irradiano una singolarità emozionante per i dauni, sipontini in particolare: il turbante e le vesti rincorrono le descrizioni romanzate di Giacoma Beccarino, ricordata nella memoria popolare stupefacente bella, rapita dai turchi a Manfredonia nell'assedio del XVII secolo, tradotta dal sultano che ne fece schiava e poi una favorita.


Per la legge ottomana, merito di aver dato alla luce il primogenito al suo signore, assunse il titolo regale di sultana, l'unica che nella storia dell'Islam abbia mantenuto la fede cristiana; fervidissima e convincente se il figlio, invece di assidersi quale erede al trono preferì la carriera ecclesiastica nelle terre materne.


Si racconta che durante il sultanato, le diversità con il mondo cristiano avevano toccato una storica concordanza; una utopia che si persiste troppo spesso a sconfessare. Lo sguardo ascetico della prima odalisca e la marcata serenità della seconda sembrano i reconditi tropi di questo illuministico mito, un auspicio impresso dall'arte a perenne monito.


Il diaframma sociale che disgiunge la realtà delle odalische dalle compagne di vita è scarno, talvolta impercettibile, e lo esprimono Domenico Morelli con La moglie di Putifarre, olio del 1861, dall'espressione rattristita, Giulio Viotti con Idillio a Tebe, olio del 1872, dall'atteggiamento di ritrosia della lei, il tutto acuito da una rassegnata ostentazione della nudità integrale.


Lo esprimono tragicamente, a mò di fato, Achille Glisenti con La morte di Cleopatra, olio del 1878, Augusto Valli con Semiramide morente sulla tomba di Nino, olio del 1893.


Un duttile diaframma, nondimeno partecipe del mondo questo di qua dell'Adriatico, il nostro, infranto per esemplarità storica dei greci e sostenuta dai romani, i padri culturali.


FERRUCCIO GEMMELLARO


LA MOSTRA SU SERENO VARIABILE (RAI DUE)


http://www.comune.barletta.bt.it/retecivica/avvisi11/incanti_rai.html






 

Stampa l'articolo

 
© Comitato Italiano Pro Canne della Battaglia. Sede e Presidenza: Via Rizzitelli 62 - 70051 Barletta BT ITALY
Tel: (+39) 0883 532180 - Email: comitatoprocanne@oggiweb.com. Credits: OggiWeb www.oggiweb.com